Il Polimorfismo “IL28B” umano nell’infezione da: L’HCV (Hepatitis C Virus) attacca preferenzialmente il fegato, attraverso l’attivazione del sistema immunitario dell’ospite, provocando danni strutturali e funzionali anche molto gravi. Nello specifico l’infezione causa la morte delle cellule epatiche (necrosi epatica), che vengono sostituite da un nuovo tessuto di riparazione-cicatrizzazione (fibrosi epatica). Progressivamente, questo tessuto di cicatrizzazione sostituisce tutta o quasi la componente sana del fegato, portando ad una grave compromissione delle sue attività fino alla cirrosi epatica. Una volta penetrato nel fegato, il virus causa una epatite acuta che però, nella maggior parte dei casi, è asintomatica. Ciò fa sì che la malattia possa divenire cronica (nell'80% dei casi) senza che il paziente se ne accorga e possa quindi curarla precocemente. L’infezione cronica da HCV colpisce 170 milioni di persone in tutto il mondo; si stima che su 100 persone infettate dal virus HCV solamente il 15% non sviluppa alcuna patologia cronica liberandosi dal virus grazie al proprio sistema immunitario, il restante 85% sviluppa forme croniche della malattia con complicanze che evolvono in cirrosi epatica e in carcinoma epato- cellulare. Il trattamento dell’epatite C cronica che offre i maggiori vantaggi è rappresentato da un ciclo di 24- 48 settimane di Peg-Interferone-alfa-2a (PegIFN-alfa-2a) e ribavirina (RBV). I pazienti infetti da HCV di genotipo 2 o 3 hanno probabilità 2-3 volte maggiore di rispondere alla terapia a base di Interferone rispetto a coloro che sono infettati dal genotipo 1. Il Peg-Interferone è un interferone alfa modificato chimicamente con una catena di polietilen-glicole (PEG), che permette di allungare l’emivita, consentendo una somministrazione settimanale anziché a giorni alterni. Il Peg-Interferone è più attivo dell’interferone standard nell’inibire il virus HCV, con percentuali di risposta sostenuta più alte ed un profilo di tollerabilità simile. La terapia combinata interferone pegilato e ribavirina è l’attuale standard per il trattamento delle infezioni croniche da HCV ma il suo esito è influenzato da una serie di fattori tra cui il genotipo virale ed alcuni polimorfismi genetici dell’ospite. Il test di genotipizzazione IL28B consente di caratterizzare il polimorfismo di uno SNP (Short Nucleotide Polymorphism “rs12979860” sostituzione C/T nella sequenza del promotore a monte del gene umano che codifica per la citochina “ Interleuchina B ” (IL28B SNP rs12979860) localizzato sul cromosoma 19 (– location 19q13.13 ) la cui espressione insieme ad altre due citochine IL28A ed IL29 è indotta ed attivata dalle infezioni virali. Il gene codifica per la proteina Interferon -λ-3. Questo SNP risulta essere fortemente associato con la risposta virologica sostenuta (SVR) in tutti i gruppi di pazienti; in particolare la popolazione europea-americana mostra una
significatività genome-wide elevata (P=1,06x10-25). Inoltre, combinando il P- value con i gruppi di popolazione, la variante mostra un’associazione pari a 1,37x10-28. In pazienti di origine ancestrale europea il genotipo CC è associato con valore due volte più grande di SVR rispetto al genotipo TT; valori simili anche nei gruppi afro-americani e ispanici. Mediante un modello di regressione, è stato definito che il genotipo CC è associato a differenze più sostanziali nel valore di risposta rispetto ad altri valori basali inseriti nel modello. Il test consente il differenziamento dei seguenti genotipi: omozigote (C/C), eterozigote (C/T), omozigote (T/T). di possibile utilizzo a livello clinico per personalizzare ed ottimizzare la somministrazione dei farmaci anti-HCV. Il polimorfismo non solo influenza fortemente la risposta all’interno di ciascuno dei principali gruppi di popolazione, ma sembra anche spiegare molte delle differenze di risposta al trattamento tra diversi gruppi di popolazione (europei-americani rispetto a afro-americani). Gli autori hanno stimato che metà delle differenze nella SVR tra le diverse popolazioni possono essere riconducibili alle differenze di frequenza dell’allele C tra pazienti afro-americani e pazienti di origine ancestrale europea. È inoltre risultato interessante che pazienti provenienti dall’Asia dell’est abbiano valori più alti di SVR rispetto a pazienti europei. Studiando un campione random di popolazione di varie etnie senza distinzioni circa lo stato dei pazienti rispetto una infezione da HCV, è stata osservata una maggiore frequenza dell'allele C in pazienti provenienti dall’Asia orientale. Pazienti afro-americani con il genotipo CC hanno un valore di risposta molto più alto rispetto ad individui di origine ancestrale europea con genotipo TT; questo fatto sottolinea la grande importanza del genotipo individuale rispetto all’etnia di appartenenza per predire la risposta al trattamento. A questo punto lo studio ha valutato se questa variante potesse influenzare la carica virale basale (prima del trattamento): si è riscontrata una significativa associazione in tutti i gruppi; in particolare, l’allele C, associato ad una migliore risposta al trattamento, è correlato ad una carica virale basale più elevata. Sembra plausibile, per gli autori dello studio, che il polimorfismo IL28B abbia un ruolo nella espressione intra-epatica del gene stimolato da IFN, con conseguenze sia per la carica virale, che per la risposta al trattamento farmacologico.
Non sono state individuate associazioni tra il polimorfismo e il valore soglia della carica virale che solitamente si utilizza per predire la risposta al trattamento; l’associazione tra il polimorfismo e la risposta virologica sostenuta sembra essere indipendente dal valore della carica virale. Gli autori dichiarano di aver notato che la frequenza dell’allele C era significativamente ridotta in una coorte cronicamente infetta rispetto ad individui di controllo della stessa etnia: ciò sembra suggerire che ci sia un’associazione tra l’allele C e un valore più alto di risposta virologica sostenuta all’epatite C. In particolare, il polimorfismo rs12979860 nel promotore del gene umano Interleuchina-28B (IL28B) è fortemente associato alla remissione virale sostenuta (SVR). Si è evidenziato che i pazienti che possiedono il genotipo C/C hanno un tasso di SVR maggiore di due/tre volte rispetto a quello dei pazienti con genotipo T/T. Inoltre, altri studi indicano come questo polimorfismo genetico sia fortemente associato ad una maggiore probabilità di clearance (eliminazione) virale spontanea a seguito di una infezione acuta da HCV. In conclusione, il polimorfismo genetico rs12979860 sembra essere il più adatto marker predittivo circa l’esito della terapia anti-HCV permettendo potenzialmente di dividere i pazienti in due gruppi:
quello con un genotipo favorevole alla risposta alla terapia standard, che dovrà essere personalizzata in termini di durata, e quello con genotipo meno favorevole a tale risposta in cui la decisione di somministrare la terapia standard dovrà essere valutata in base anche al potenziale impiego dei farmaci antivirali emergenti. Predittori significativi per SVR includono fattori clinici legati al paziente (età, sesso, diabete, conta piastrinica, livelli di emoglobina, livelli di GTP), genotipo, fattori virali (sostituzioni nel core proteico 70 e 91 e nelle ISDR). Infine sono stati considerati fattori coinvolti in una variazione della carica virale: il genotipo favorevole per rs12979860, CC, il core70 wild-type si sono mostrati essere legati al declino virale (p = 0.007), ma in pazienti con CT o TT, la carica virale non subisce variazioni (indipendentemente dalle sostituzioni al core70). Al contrario, ISDR non è predittore significativo in soggetti rs12979860 CC ma soggetti CT o TT e con 2 o più sostituzioni in ISDR hanno mostrato un declino virale significativo dopo 4 settimane rispetto a quelli senza alcuna sostituzione. Sembra chiaro, quindi, che conoscere in dettaglio il polimorfismo dei pazienti infetti da HCV possa, in futuro, essere una componente importante della decisione di iniziare un trattamento con PegIFN e RBV. Il test può aiutare il clinico nella determinazione del tipo e della durata della terapia e potrà fornire una maggiore risposta terapeutica e una riduzione dell’evoluzione verso la cirrosi e l’epatocarcinoma Bibliografia: 1. Centers for Disease Control and Prevention. Recommendations for prevention and control of hepatitis C virus (HCV) infection and HCV-related chronic disease. MMWR Recomm. Rep. 47, 1–39 (1998). 2. Seeff, L. B. Natural history of chronic hepatitis C. Hepatology 36 (suppl. 1), S35–S46 (2002). 3. Cooper, S. et al. Analysis of a successful immune response against hepatitis C virus. Immunity 10, 439–449 (1999). 4. Rehermann, B. & Nascimbeni, M. Immunology of hepatitis B virus and hepatitis C virus infection. Nature Rev. Immunol. 5, 215–229 (2005). 5. Ge, D. et al. Genetic variation in IL28B predicts hepatitis C treatment-induced viral clearance. Nature advance online publication doi:10.1038/nature08309 (16 August 2009). 6. Kenny-Walsh, E. Clinical outcomes after hepatitis C infection from contaminated anti-D immune globulin. Irish Hepatology Research Group. N. Engl. J. Med. 340, 1228–1233 (1999). 7. Thomas, D. L. et al. The natural history of hepatitis C virus infection: host, viral, and environmental factors. J. Am. Med. Assoc. 284, 450–456 (2000). 8. Thio, C. L. Host genetic factors and antiviral immune responses to hepatitis C virus. Clin. Liver Dis. 12, 713–726 (2008). 9. Thio, C. L., Thomas, D. L. & Carrington, M. Chronic viral hepatitis and the human genome. Hepatology 31, 819–827 (2000). 10. McHutchison, J. G. et al. Peginterferon alfa-2b or alfa-2a with ribavirin for treatment of hepatitis C infection. N. Engl. J. Med. 361, 580–593 (2009). 11. Lindsay, K. L. et al. A randomized, double-blind trial comparing pegylated interferon alfa-2b to interferon alfa-2b as initial treatment for chronic hepatitis C. Hepatology 34, 395–403 (2001). 12. Zeuzem, S. et al. Peginterferon alfa-2a in patients with chronic hepatitis C. N. Engl. J. Med. 343, 1666–1672 (2000). 13. Villano, S. A., Vlahov, D., Nelson, K. E., Cohn, S. & Thomas, D. L. Persistence of viremia and the importance of long-term follow-up after acute hepatitis C infection. Hepatology 29, 908–914 (1999). 14. Goldstein, D. B. Common genetic variation and human traits. N. Engl. J. Med. 360, 1696–1698 (2009). 15. Kotenko, S. V. et al. IFN-ls mediate antiviral protection through a distinct class II cytokine receptor complex. Nature Immunol. 4, 69–77 (2003). 16. Sheppard, P. et al. IL-28, IL-29 and their class II cytokine receptor IL-28R. Nature Immunol. 4, 63–68 (2003). 17. Marcello, T. et al. Interferons a and l inhibit hepatitis C virus replication with distinct signal transduction and gene regulation kinetics. Gastroenterology 131, 1887–1898 (2006). 18. Dellgren, C., Gad, H. H., Hamming, O. J., Melchjorsen, J. & Hartmann, R. Human interferon-l3 is a potent member of the type III interferon family. Genes Immun. 10, 125–131 (2009). 19. Lauer, G. M. & Walker, B. D. Hepatitis C virus infection. N. Engl. J. Med. 345, 41–52 (2001). 20. Donnelly, R. P., Sheikh, F., Kotenko, S. V. & Dickensheets, H. The expanded family of class II cytokines that share the IL-10 receptor-2 (IL-10R2) chain. J. Leukoc. Biol. t al. Gut. 2010 Nov 10. 22.Gastroenterology
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IDENTITET INNLEDNING: Om meg som skriver og det jeg har skrevet Jeg heter Julie Elise Tuvik og er 84-modell. For tiden er jeg student i Oslo og tar fagene religion, fransk og engelsk. Hvis alt går etter planen, ender jeg opp som lærer på en videregående skole. Jeg har drevet en del med arbeid som leir, kor, ungdomsklubber og ledertrening. Jeg har vært et år i Paris og jobbet i en kirke