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Pronto Soccorso
in montagna
Incidenti che possono capitare in montagna
………cosa fare
SOMMARIO
Premessa
PREMESSA
le patologie che si riscontrano in montagna possono essere suddivise in due gruppi:
- patologie sistemiche ( danno complessivo dell’organismo)
- patologie locali (danno limitato ad un distretto dell’organismo)
- Mal di Montagna dovuto all’alta quota e quindi alla diminuzione d’ossigeno atmosferico. - Assideramento dovuto alla diminuzione della temperatura ed all’aumento della ventosità e/o dell’umidità. colpo di sole dovuti all’aumento della temperatura (aumentata intensità delle radiazioni solari, irradiazioni infrarosse delle pareti rocciose). - Oftalmia dovute ai raggi ultravioletti - Scottature solari dovute ai raggi ultravioletti - Congelamento dovuto alla diminuzione della temperatura 3. Altri argomenti: - Eventi traumatici - Valutazione dell’infortunato - Perdita di coscienza - Arresto cardiaco - Morso di vipera 4. Farmacia di base PATOLOGIE SISTEMICHE

E’ la conseguenza più nota della diminuzione della pressione atmosferica in ragione
dell’altitudine e quindi della quantità di ossigeno che ad ogni respirazione immettiamo nei nostri
polmoni: il sistema circolatorio porta meno ossigeno ai tessuti muscolari, con progressivo calo di
efficienza dell’organismo. E’ stato calcolato che le nostre capacità diminuiscono del 30% sul
Monte Bianco, e dell’80% sull’Everest. Se la reazione alla rarefazione dell’aria è sostanzialmente
congenita, grazie ad un fisico allenato , a dei buoni materiali e all’esperienza maturata si può
raggiungere una buona “acclimatazione”, riducendo al minimo gli inconvenienti provocati
dall’altitudine.
Una mancata od incompleta acclimatazione provoca il Mal di Montagna.
Una buona parte delle persone che salgono con rapidità ( teleferica) nelle montagne europee
sopra i 2.500 m presenta fastidiosi disturbi, di solito transitori, che scompaiono dopo due o tre
giorni di acclimatazione.
Sintomi: i disturbi sono caratterizzati da cefalea, perdita dell’appetito, nausea e vomito, ronzii alle
orecchie, vertigini, lieve difficoltà a respirare, tachicardia, astenia, difficoltà a dormire ,tutti questi
sono compresi sotto il termine di mal di montagna.
Terapia: nella maggior parte dei casi si risolve il tutto con dell’Aspirina e un po’ di riposo.
Il mal di montagna è provocato soprattutto dalla diminuzione dell’ossigeno nell’aria, ma anche la
diminuzione della temperatura esterna e la disidratazione hanno qualche influenza.
SINTOMI
PUNTI
Difficoltà nella respirazione anche a riposo Tabella per verificare lo stato di gravità del proprio Mal di Montagna. Oltre a questi sintomi si possono verificare gonfiore agli occhi, viso, mani e caviglie. Sommando i punti dei sintomi si può determinare lo stato di Mal di Montagna: - da 1 a 3 punti :Mal di Montagna leggero ,si consiglia l’assunzione di un aspirina - da 4 a 6 punti: Mal di Montagna medio, oltre all’assunzione di aspirina si consiglia il riposo e - oltre i 6 punti: Mal di Montagna acuto, bisogna assolutamente scendere di quota prima dell’instaurarsi dell’edema polmonare e cerebrale.
Il mal di montagna più frequente e più pericoloso è il tipo acuto, cioè quello che compare
all’improvviso durante un ascensione ad alta quota.
La causa principale del mal di montagna è la diminuzione dell’ossigeno nel sangue o ipossiemia,
che provoca un aumento della permeabilità dei capillari con conseguente fuoriuscita di liquidi
(edema ) nei polmoni e nel cervello .Di solito l’edema è modesto e i disturbi evidenziati sono
quelli sopra descritti.
Il mal di montagna grave si manifesta o dopo i sintomi più leggeri già menzionati oppure
all’improvviso in un alpinista o in un escursionista predisposto o se non in buone condizioni
fisiche a determinate altitudini( 4.000 – 5.000 m).
Sintomi: gravi disturbi respiratori fino al mortale edema polmonare acuto, cioè al passaggio di
sangue negli alveoli polmonari; l’edema è determinato dall’ipertensione polmonare e
dall’aumentata permeabilità della membrana alveolo – capillare. Compaiono in successione
dapprima tosse secca insistente, poi, dopo alcune ore schiuma sanguigna alla bocca, grande
difficoltà a respirare e senso di soffocamento; la morte interviene entro 6 ore circa se non si
interviene adeguatamente.
Edema cerebrale con forte cefalea resistente agli analgesici, vertigini, vomito a getto, confusione
mentale, disorientamento spazio – temporale, allucinazioni, apatia, svenimento, rallentamento del
polso e ipertensione arteriosa. La scatola cranica è rigida e il rigonfiamento del cervello comprime
i centri nervosi causando i disturbi descritti fino al coma, cioè alla perdita completa della
coscienza seguita dalla morte se non si interviene opportunamente.
Prevenzione: la miglior prevenzione sta nel salire molto lentamente in quota a 500 m al giorno
sino a raggiungere la quota stabilita (acclimatazione).
Solo in soggetti che ne hanno già sofferto si consiglia l’assunzione di acetazolamide (Diamox
250mg 2/3 cp al di )iniziando 24 ore prima dell’ascensione per almeno tre giorni di permanenza
in quota. Anche il farmaco dilatatore nefedipina (Adalat AR) alle dosi di 2/3cp il giorno sembra
essere efficace per la prevenzione dell’edema polmonare da alta quota.
Terapia: sia l’edema polmonare che quello cerebrale tra gli alpinisti sono molto rari, ma essendo
imprevedibili e spesso mortali, bisogna essere addestrati a riconoscerli: qualora si manifestino
occorre scendere immediatamente a quote inferiori almeno di 500m questo accorgimento porta
subito ad un miglioramento nei casi più lievi; in presenza di disturbi più gravi non bisogna perdere
tempo somministrando nell’immediato ossigeno puro da bombola, somministrare nifedipina
(Adalat) sublinguale, cortisone in vena (Decasdron 8mg ) e un diuretico in vena (Lasix 2fl), questa
terapia risolve il quadro acuto se somministrata tempestivamente possibilmente da un medico.
Poi si proseguirà con la stessa terapia per alcuni giorni, l’importante è che la persona non stia più
in quota, anzi deve astenersi assolutamente dal ritentare la salita.
Conclusioni pratiche: la regola più importante per prevenire il mal di montagna è un’adeguata
acclimatazione che si raggiunge con una corretta preparazione atletica e tecnica ,mediante la scelta
di un’ascensione adeguata alle proprie capacità, con un’acclimatazione graduale all’altitudine;
l’acclimatazione risulta essere adeguata quando scompaiono i sintomi minori (cefalea,
inappetenza, nausea, astenia) e la frequenza cardiaca a riposo torna ad essere vicina a quella
normale.

L’abbassamento della temperatura di tutto il corpo sotto 35°C,per prolungata esposizione al
freddo, provoca l’assideramento ,situazione di estrema gravita’, spesse volte mortale.
L’evenienza si può manifestare ,ad esempio, se si viene sepolti da una valanga, se si rimane per
ore immobili al freddo perché’ infortunati o dispersi o durante un bivacco improvvisato nella
neve.
Lo stress fisico e psichico, riducendo la capacità dell’organismo di reggere al freddo, facilita la
comparsa dell’assideramento.
E’ bene perciò evitare di insistere troppo negli sforzi in condizioni climatiche di intenso freddo.
Sintomi: il raffreddamento dell’interno del corpo, con una temperatura al di sotto dei 36° fa
comparire i primi sintomi dovuti alla progressiva compromissione di tutti gli organi e funzioni
vitali: cervello, cuore, respirazione, reni ,muscoli, metabolismo, ecc.
Il rallentamento dell’attività cerebrale provoca stanchezza e sonnolenza con difficoltà a ragionare
lucidamente e a coordinare i movimenti. Possono comparire allucinazioni visive e acustiche,
contemporaneamente subentra una profonda stanchezza con voglia intensa di dormire e di
lasciarsi andare. Ovviamente questo significa morte certa e rapida, perciò è indispensabile
muoversi finché si può e predisporre un riparo dal freddo.
Prevenzione: le precauzioni generali consistono in una adeguata protezione dal freddo; a 3.000
metri anche un’escursione estiva sulle nostre Alpi, se ci si perde nella nebbia o se nevica, può
essere fatale qualora la si affronti in calzoncini e maglietta.
Occorre porre molta attenzione ai cambiamenti di tempo; se malauguratamente ti capitasse di
finire disperso in una tormenta di neve, cerca subito di ripararti dal vento che rende più rapido il
raffreddamento corporeo, scava, se non trovi di meglio, una buca nella neve sufficiente ad isolarti,
utilizza zaino, picozza e tutti i teli di cui disponi; avvolgiti in un telo isolante di alluminio, che è
opportuno portare sempre con se.
Ricordati di togliere tutti gli abiti bagnati e di cambiarli con quelli asciutti appena possibile.
Pronto soccorso agli assiderati: occorre ridurre in tutti i modi l’ulteriore perdita di calore;
avvolgere la vittima in una coperta o sacco a pelo asciutto o in un telo di alluminio ;bisogna
riscaldarlo anche con il calore del proprio corpo. Appena possibile trasportarlo a valle od al riparo,
somministrare bevande calde ben zuccherate, ma mai alcolici che determinano vasodilatazione ed
aumentano così la perdita di calore. Appena possibile immergerlo in vasca con acqua calda a 40-
42 °. Le cure mediche si completano in ospedale con infusione endovenose calde (soluzioni
glucosate, bicarbonato).


Il colpo di calore si verifica quando, per l’eccessiva temperatura esterna e per difetto dei
meccanismi di termoregolazione, la temperatura del corpo sale dai 37°C abituali a valori di 40-
42°C.
L’evaporazione del sudore è il più importante meccanismo di difesa contro l’eccessivo
riscaldamento del corpo, ma in presenza di notevole umidità dell’aria e di scarsa ventilazione
(assenza di vento, indumenti antitraspiranti ) ,l’evaporazione non può avere luogo. Sulle nostre
montagne si può manifestare in estate, in giornate particolarmente afose, in assenza di vento e
nelle ore più calde, sui ghiaioni o conche glaciali con forte riverbero. L o sforzo eccessivo lo
facilita perché aumenta il calore interno del corpo prodotto dal corpo.
Sintomi: in queste circostanze può comparire l’esaurimento da calore caratterizzato da profonda
astenia fino al proprio vero collasso, il respiro si fa affannoso, la frequenza cardiaca aumenta, la
pressione arteriosa si abbassa, compaiono cefalea, nausea e vomito, la pelle diviene in una prima
fase secca, calda ed arrossata, in un secondo tempo si fa grigia e cianotica. La temperatura del
corpo sale ai 40-42°.Se in precedenza sono stati persi, con l’abbondante sudorazione, molta acqua
e molti sali minerali, compaiono i segni della disidratazione e i crampi muscolari.
Terapia: nei casi iniziali occorre fermarsi all’ombra, togliersi o sbottonarsi gli indumenti, in un
punto ventilato e bere abbondantemente bevande fresche.
Nei casi più gravi occorre immediatamente refrigerare il corpo con impacchi freddi o con
immersione in vasche di acqua fredda (laghetti, pozze) per riportare rapidamente la temperatura
corporea sotto i 39°Cin modo da evitare lesione cerebrale da ipertermia, che si manifesta con
agitazione psichica ,confusione mentale e coma.
Alle applicazioni fredde deve seguire la reidratazione e il riposo in ambiente fresco e ventilato.
Utili gli analgesici e gli antipiretici per contrastare il mal di testa e abbassare la febbre.
E’ provocato dal riscaldamento eccessivo del capo con irritazione delle meningi ed è causato
prevalentemente dai raggi solari infrarossi a effetto calorico. Colpisce chi si espone per ore al sole
a capo scoperto, specialmente su nevai, ghiacciai ,rocce esposte.
Sintomi: cefalea intensa, dolore al movimento del collo, nausea, vomito, confusione mentale sino
a coma nei casi più gravi.
Terapia: ripararsi all’ombra e al fresco, applicazioni di acqua fredda sul capo, bere molta acqua
fredda o tè a piccoli sorsi, sono i rimedi più comuni insieme a qualche aspirina o altri analgesici
per il mal di testa e la febbre.
PATOLOGIE LOCALI

La luce molto intensa, quale quella che si incontra sui ghiacciai, irrita la congiuntiva provocando
arrossamento dell’occhio, lacrimazione e prurito bruciante come se si avesse della sabbia negli
occhi. Il fenomeno viene chiamato lucite od oftalmia solare.
Anche la retina può essere danneggiata e si ha allora una cecità a macchia nera o scotoma. La
cecità raramente perdura ma, per prolungate esposizioni diviene permanente. L’esposizione
cronica alla luce intensa danneggia il cristallino e provoca una cataratta precoce. Subiscono più
danni gli individui con pelle e occhi chiari.
Sono d’obbligo perciò sui ghiacciai gli occhiali da sole con lenti scurissime che assorbono un’alta
percentuale di luce. Gli occhiali devono avere le alette ,per evitare il passaggio dei raggi di lato, e
il paranaso per evitare scottature al dorso del naso. Chi porta gli occhiali da vista può usare lenti
fotosensibili .
Terapia: sciacqui frequenti con acqua bollita raffreddata, colliri decongestionanti al cortisone ed
eventuale riposo al buio sono i rimedi per le forme più lievi. Facile l’infezione dell’occhio, se
viene sfregato con mani sporche, per cui se fossero presenti anche secrezioni mucose e intenso
prurito è bene aggiungere una pomata oftalmica con antibiotico ad es.Colbiocin, Xantervit. Nelle
gravi cheratite occorre sempre un bendaggio occlusivo degli occhi e una pomata antibiotica
protettiva.

Quando si prende troppo sole ci si scotta ,come è successo più o meno a tutti.
Le scottature sono lesioni cutanee ad opera dei raggi solari sia diretti che riflessi .
Generalmente le scottature solari sono di due gradi:
1°grado:semplice arrossamento o eritema, con bruciore e successiva “spellatura”. E’ sufficiente
applicare acqua fredda o ghiaccio, crema doposole o crema al cortisone;
2°grado:formazione di bolle o flittene piene di liquido sieroso chiaro; queste non vanno rotte ma
tagliate ai bordi con forbicine disinfettate, per fare uscire il liquido, lasciando la pelle sul posto.
Disinfettare poi e tenere al riparo da polvere e sporco per evitare infezioni. La pelle ricresce nel
giro di alcuni giorni. Qualche analgesico può essere utile in caso di bruciore intenso.

Le estremità (mani, piedi, punta del naso e padiglioni auricolari),non ricevono più calore a
sufficienza a causa della vasocostrizione provocata dal freddo e della coagulazione intravasale del
sangue, che diventa più vischioso. In alta montagna poi, anche la disidratazione e la poliglobulia
(aumento del numero dei globuli rossi per la mancanza di ossigeno) rendono il sangue più
vischioso o meno adatto a circolare nei piccoli capillari delle estremità. La temperatura della parte
congelata tende ad uniformarsi alla temperatura esterna e può scendere anche a decine di gradi
sotto lo zero. I tessuti cutanei e sottocutanei del corpo muoiono e compare la cancrena.
Prevenzione:il caldo asciutto e il movimento continuo sono la migliore prevenzione; occorre
inoltre indossare indumenti adatti che proteggano dal freddo, vento e umidità, come guanti
termici. Importante coprirsi con indumenti in tre strati, indossare passamontagna e berretti adatti.
Bisogna sostituire subito gli indumenti bagnati o umidi, evitare di tenere a lungo a mani nude
oggetti metallici. Bisogna evitare indumenti costrittivi che limitano la circolazione come elastici
,scarponi stretti. Tutte le creme grasse vanno bene in quanto fanno da isolanti (Diadermina,
Glicerina) e possono essere di aiuto per ritardare il congelamento a naso ed orecchie.
Terapia d’emergenza: solleva l’arto colpito e riscaldalo, infilandolo in indumenti caldi a contatto
con il corpo, friziona delicatamente, quando possibile fare impacchi o bagni di acqua calda in
modo graduale partendo da una temperatura di15° salendo progressivamente sino ad una
temperatura di 40°oltre potrebbe essere dannoso. Ogni trattamento energico va bandito in quanto
traumatizzano ulteriormente la parte colpita aumentando il rischio di cancrena. Evitare
l’avvicinamento a stufe o a fuochi per il rischio di ustioni.
In caso di cancrena bisogna somministrare antidolorifici, disinfettanti e antibiotici locali e per
bocca. Bisogna proteggere le parti colpite da urti imbottendole con cotone e bende.
Vi sono in commercio dei sacchetti di caldo pronto che risultano essere utili in caso di
congelamento.
TRAUMATOLOGIA

DISTORSIONE
Uno scivolone o un piede appoggiato malamente può provocare una distorsione del ginocchio o
più spesso della caviglia che si manifesta con dolore, gonfiore, a volte con ecchimosi(stravaso di
sangue bluastro sotto la pelle).Il danno è a carico dell’apparato capsulo – legamentoso
dell’articolazione ,cioè dell’apparato di sostegno delle ossa che si articolano tra loro senza però
arrivare alla rottura delle ossa.
La prevenzione sta nell’attenzione a dove si mettono i piedi e nell’uso di scarpe alte, con rinforzo
antitorsione, come oggi sono tutte le buone scarpe da trekking.
Terapia: il rimedio consiste nell’applicazione di freddo (ghiaccio sintetico, acqua gelata ),quindi
eseguire una fasciatura con fascia elastica anche adesiva tipo Tensoplast.
La fasciatura, che non deve stringere troppo, riduce il gonfiore e concorre ad immobilizzare
l’articolazione. Nei casi più gravi si può bloccare l’articolazione bendandola attorno con delle
stecche di legno; lo stesso comportamento si adotta nelle distorsioni di ginocchio e di polso.
Se la distorsione è grave è meglio non camminare per almeno 2 giorni ed il bendaggio verrà
mantenuto per 7- 15 giorni.

FRATTURA

Le fratture sono rotture di un osso. Ogni trauma violento sulle ossa che provochi un forte dolore
che si acutizzi con il movimento o la pressione sulla parte, con un gonfiore o un grosso ematoma o
una deformazione ben evidente, deve fare pensare a una frattura e come tale va trattata.
Terapia: le normali fratture degli arti vanno innanzi tutto immobilizzate a monte e a valle, sia per
ridurre il dolore, sia per ridurre il rischio di embolie grassose, sia per posizionare le ossa in modo
corretto. Il braccio o la gamba fratturati, vanno, una volta liberati dagli oggetti che stringono (
cinturini, orologio, scarpe),vanno legati a tavoletta, ad esempio con sci, racchette, rami,
accuratamente imbottiti con indumenti e fissati alle parti sane ,per evitarne il movimento durante
il trasporto.
Un polso o un avambraccio fratturati potranno essere semplicemente sospesi al collo con un
fazzoletto; una spalla o un omero fratturati richiedono una fasciatura attorno al torace.
Somministrare pure degli analgesici se necessario, disinfettare e medicare in caso di frattura
esposta ( citrosil, garze sterili, benda elastica).
In caso di frattura esposta non cercare di allineare i frammenti ossei ma limitarsi a pulire la ferita
ed a coprirla con tessuto pulito.

POLIFRATTURE

Interessamento di più distretti ossei in particolare bacino ,coste, vertebre in questo caso non
muovere
assolutamente l’infortunato e chiamare immediatamente il Soccorso Alpino.
Nell’attesa dell’arrivo del Soccorso Alpino coprire l’infortunato per evitare dispersione di calore
,tamponare eventuali emorragie, somministrare analgesico (attenzione alle allergie).
Qualora fosse impossibile contattare il Soccorso è indispensabile trasportare il ferito in modo
molto delicato facendo scivolare un piano rigido sotto il suo corpo o mettendolo in trazione
evitando in modo assoluto qualsiasi cambio di postura che potrebbe nuocere ulteriormente
(flessione, lateralizzazione, torsione).
VALUTAZIONE DELL’INFORTUNATO
E’ un momento importantissimo, perché da esso dipende la decisione di che cosa fare(continuare? tornare con mezzi propri? chiamare il Soccorso Alpino? Quali cure prestare?) e come farlo. Fare un bilancio esatto, dopo un infortunio, è molto difficile anche per persone esperte per cui nel dubbio: 1.considerare l’infortunato più grave di quanto sembri 2. considerare i sospetti di lesione come lesione 3. considerare gravi i traumi al cranio ed alla colonna vertebrale. La valutazione del ferito va effettua con calma e metodo procedendo dal capo verso i piedi. Si valuta: - respirazione (respira o no) - circolazione (il cuore batte, ci sono i polsi periferici) - stato di coscienza (è sveglio, risponde alle domande, risponde agli stimoli dolorosi) - condizione della colonna vertebrale (muove gli arti, ha mantenuto la sensibilità) - integrità degli arti (ha fratture, hanno posizioni strane). In base al risultato di questa valutazione si è in grado di stabilire il grado di gravità della persona: - ferito leggero: con piccole ferite, con contusioni o distorsioni, con ferite semplici agli arti, generalmente sono in buone condizioni generali; normalmente si curano le lesioni e si trasporta o con mezzi propri o se le condizioni ambientali non lo permettono si chiama il Soccorso Alpino. - ferito grave: con trauma cranico, con fratture multiple degli arti, con lesioni di colonna, con traumi interni del torace e addome, ma sono coscienti e collaborano, respirano bene ed hanno polsi apprezzabili; bisogna posizionarli correttamente, coprirli, e chiamare il Soccorso Alpino. - ferito gravissimo: incoscienti, respira male, sono cianotici (bluastri), non hanno i polsi periferici,
con emorragie gravi; bisogna posizionarli correttamente, iniziare le manovre rianimatorie,
fermare le eventuali emorragie, chiamare il Soccorso Alpino.
Da quanto affermato in precedenza è fondamentale :
1. saper spostare un ferito
2. saperlo posizionare
3. saper trattare le lesioni
Saper spostare un ferito:
in linea di massima un ferito va spostato il meno possibile, e solo se è indispensabile per la
sicurezza sua e dei suoi compagni, oppure per prestargli le cure necessarie, questo perché
muovendo un ferito, se ha lesioni della colonna vertebrale, è possibile provocare danni anche
gravi.
Il corpo del ferito deve essere sollevato da almeno tre persone mantenendo allineati testa, collo,
tronco (v.fig.1); evitare comunque di piegare la colonna.
Saper posizionare un ferito:
è già una prima cura.
La prima cosa da fare è cercare un posto adatto, che dovrebbe essere largo, pianeggiante, asciutto,
areato ma non esposto a correnti ma soprattutto raggiungibile con facilità e sicurezza dai
soccorritori.
In base allo stato di coscienza del ferito si adotteranno le posizioni più idonee:
1. persona incosciente ► posizione di sicurezza (v.fig.2)
2. persona incosciente con sospetta lesione della colonna ► lasciarlo il più orizzontale e fermo
3. persona cosciente ► disteso supino con gli arti inferiori sollevati, coprirlo.
Trattare le lesioni:
Il trattamento delle lesioni comprende vari aspetti, che vanno dalla rianimazione alla semplice
cura di una distorsione, l’importante è ricordarsi sempre che il primo obiettivo deve essere quello
di non provocare danni peggiori con manovre inadeguate.
RIANIMAZIONE:
Rianimare una persona non è facile neanche per chi lo fa di mestiere, tuttavia, in casi di estrema
necessità e dopo aver valutato che siano necessarie per un grave pericolo di vita, vale la pena di
tentare di mettere in atto le principali manovre di rianimazione; importante procedere in modo
ordinato.
1. Liberare le prime vie aeree
2. Respirazione artificiale
3. Massaggio cardiaco

Liberare le prime vie aeree:
spesso basta questo per permettere ad un infortunato incosciente di ricominciare a respirare.
Bisogna mettere l’infortunato sdraiato sulla schiena, estendere la testa all’indietro sostenendo con
una mano la nuca e inclinando con l’altra appoggiata alla fronte ( sempre con delicatezza per non
provocare danni alla colonna vertebrale); spingere avanti la mandibola (per aprire la bocca) e con
le dita liberare da tutto ciò (sangue, vomito, secrezioni varie) che possono
ostacolare il respiro (v.fig.3)
Respirazione artificiale:
è la tappa successiva da mettere in pratica se la prima non è stata sufficiente a far riprendere la
respirazione.
La posizione dell’infortunato è la stessa di prima e vanno fatte le seguenti manovre:
1. Aprire bene la bocca del ferito con una mano e tenerla aperta
2. Chiudere con l’altra mano il naso
3. Mettere le labbra sulla bocca dell’infortunato (eventualmente proteggersi con un fazzoletto)
4. Soffiare con forza
5. Controllare che il torace si sollevi (v. fig.4).
Massaggio cardiaco:
S e l’ipossia cerebrale è stata grave i centri nervosi che comandano il cuore possono bloccarsi e si
ha un arresto cardiaco.
L’arresto del cuore può avvenire anche in occasione di un infarto cardiaco o di una folgorazione
elettrica, ad esempio un fulmine o una scossa elettrica.
In caso di arresto cardiaco, vera e propria mancanza di battito, bisogna praticare immediatamente
il massaggio cardiaco: è una manovra non semplice che può comportare danni per chi è soccorso,
ma che è l’unico mezzo per salvare la vita della persona.
Il massaggio cardiaco va effettuato solo in caso di arresto cardiaco che si accerta con l’assenza dei
polsi periferici e del battito del cuore sul torace a sinistra.
Tecnica del massaggio cardiaco: si stende l’infortunato sulla schiena, sul terreno, o su una
superficie rigida, si appoggiano i palmi delle mani, disposti uno sull’altro e con le braccia tese,
sullo sterno al centro del torace e si spinge con energia, stando in ginocchio su un fianco.
Le spinte vanno date con la frequenza di una al secondo circa e si intercalerà la respirazione
“bocca a bocca” procedendo con una insufflazione d’aria ogni 5 compressioni sullo sterno.
E’ bene insistere almeno per 15'/30’ prima di arrendersi (v.fig.5).
MORSO DI VIPERA

E’ importante innanzi tutto saper riconoscere le vipere e distinguerle dai colubridi o bisce serpenti
nostrani a volte aggressivi e mordaci ,ma del tutto innocui che si incontrano più di frequente delle
vipere.
Caratteristiche della vipera:
- corpo tozzo lungo 40 - 80 cm con diametro di circa 2cm con coda breve ed appuntita
- colore bruno chiaro con disegno nerastro, diverso secondo le specie: il colore è molto variabile e
non è un buon segno distintivo esistono infatti varietà completamente nere.
- testa piatta e larga: è approssimativamente triangolare con collo ben distinto dalla testa, e con
naso un pò rialzato, fino a costituire un vero e proprio corno nella vipera ammodytes
- la pupilla dell’occhio è verticale e non rotonda.
In caso malaugurato di morso anche le caratteristiche del segno del morso sulla pelle aiutano a
riconoscere il serpente.
Morso di vipera: si presenta con due piccoli fori arrossati, come punture di spillo appaiate, distanti
circa un centimetro l’uno dall’altro; sono provocati dai denti veleniferi (canini superiori) e sono
accompagnati talvolta dall’impronta dei restanti denti molari.
Generalmente la vipera dopo il morso si retrae fulminea mentre le bisce restano più o meno
attaccate.
Effetti del veleno: sono diversi dalla quantità di veleno iniettata e dalla zona colpita:
- effetti locali che si manifestano con dolore intenso, gonfiore ed ecchimosi circostante, stillicidio
sieroso od ematico.
- effetti generali che si manifestano con tempistica variabile possono essere nausea, vomito,
dolore addominale ,dolori alle articolazioni, sino a confusione mentale nei casi più gravi.
Trattamento:
- detergere la ferita
- applicare un bendaggio a monte della ferita(per evitare che il veleno entri in circolo
immediatamente)
- applicare impacchi freddi anche con neve
- raggiungere un ospedale in tempi utili
Non bisogna incidere tantomeno succhiare il sangue (è inutile sottoporre anche i soccorritori al
rischio di avvelenamento),non praticare il siero(effetti shock) al limite solo nei casi di rischio di
morte(ospedale irraggiungibile).
E’ sempre prudente portare con se un piccolo pronto soccorso, e dovendolo portare nello zaino sarà bene che sia poco ingombrante, impermeabile e leggero. Occorre ricordare che i farmaci che sono contenuti nel kit subiscono notevoli sbalzi di temperatura ,ciò implica una notevole diminuzione dei termini di scadenza riportati sulla confezione. Farmaci e presidi di più comune uso: ‰ Efferalgan, Tachipirina, Aspirina, Vivin C, Novalgina ► dolore, febbre ed infiammazione ‰ Buscopan, Spasmodil ► coliche renali ed addominali ‰ Neoborocillina ► Faringite ‰ Betadine soluzione, acqua ossigenata ► disinfezione cutanea ‰ Polaramin ► per orticaria e punture d’insetto ‰ Garze, bende, cerotti, pinzetta, forbicine, laccio emostatico ► medicazione ferite e vesciche ‰ Bende elastiche, stecche ► distorsioni, fratture ‰ Ghiaccio sintetico ► distorsioni e fratture ‰ Crema solare, collirio, stick per labbra ► protezione raggi solari ‰ Coperta Termica ► protezione contro il freddo Per situazioni particolari come il mal di montagna: ‰ Diamox ► prevenzione per il mal di montagna ‰ Decadron fosfato, Solu – Medrol ► edema cerebrale ‰ Toradol, Contramal ► per la cefalea ‰ Carvasin, Adala ► dolori pettorali da angor/ crisi ipertensiva ‰ Tavor ► per gli stati d’ansia ‰ Siringhe ► per somministrazione parenterale.

Source: http://ice.unimi.it/alp/dida/Dispensa-PRONTO_SOCCORSO_IN_MONTAGNA.pdf

johnpatrick.ca

CURRICULUM VITAE NAME John DATE OF BIRTH MARITAL STATUS CHILDREN UNIVERSITY St. George's Hospital Medical School, London, UK AWARDS 1960 Anna Selina Fernee Scholarship: St. George's Hospital Medical School. Medical Research Council Clinical Research Fellow, St. Thomas' Hospital. Wellcome Research Fellowship: MRC Tropical Metabolism Research Unit, University of t

Pii: s0015-0282(01)02841-2

FERTILITY AND STERILITY ௡ Copyright ©2001 American Society for Reproductive MedicinePrinted on acid-free paper in U.S.A. Vaginal versus oral E administration: effects on endometrial thickness, uterine perfusion, and contractility Renato Fanchin, M.D., Claudia Righini, M.D., Luca Maria Scho¨nauer, M.D.,Franc¸ois Olivennes, M.D., Joa˜o Sabino Cunha Filho, M.D., and Rene´ Frydman, M

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