IL SECONDO RINASCIMENTO IL SECONDO RINASCIMENTO I capitani dell’avvenire ARMANDO VERDIGLIONE 18 maggio 1996, dalla conferenza del sabato ELISABETTA COSTA Perché molti subiscono il fascino della morte? A.V. È affascinato dalla morte chi presume di conoscerla, chi presume che la conoscenza sia conoscenza della morte e l’accetta, chi l’assume, pertanto chi si abbatte, chi si abbandona, chi si lascia andare, chi si lascia perdere. Chi l’assume e chi la distribuisce. Quella che Freud chiama Destruktionstrieb non è la distruzione di sé, non è l’istinto a distruggersi, perché lo sguardo, l’io, si sottrae a qualsiasi presa, anche alla distruzio- ne. Destruktionstrieb, pulsione di distruzione, è il modo con cui si precisa la pulsione di morte, perché la frase si scrive. Destruktionstrieb è pulsione di distruzione, è pulsione di scrittura della frase. Che cos’è la frase? È la struttura della resistenza, dove l’uno, il figlio, funziona. Io invito a una lettura del Vangelo, perché la logica della nominazione e la struttura della parola rispondono anche, in qualche modo, a una lettura della Bibbia e del Vangelo.
Talora, questo fascino della morte prende il volto, per dir così,
dell’autonomia, del gestirsi, del flagellarsi, del martoriarsi in piccolo e inprivato, del chiudersi in un angolo e dilaniarsi, magari ritenendo diseguire un proprio interesse limitato. Talora può assumere il voltodell’assenza di programma. La conoscenza della morte è una manieracomoda di assumere la speranza: è una speranza facile, che taglia corto,anzi, cortissimo. C’è anche una disperazione facile. La via facile, quelladella distruzione di sé o dell’Altro — che passa anche come cura di sé odell’Altro —, procede dalla disperazione facile, da una drammatizzazionedella disperazione o, se preferite, da un’erotizzazione della speranza. IL SECONDO RINASCIMENTO
C’è un capitoletto nel De Trinitate di sant’Agostino (Libro I, 2, 4), che
termina così: nec pudebit, sicubi erro [se erro, non avrò pudore]. La traduzione dell’edizione italiana è: non mi vergognerò. Traduzione pessima! Di buono, in quest’edizione, c’è che è riportato il testo latino. È curioso: voi trovate a destra il testo latino, a sinistra la traduzione, entrambi costituiscono un ossimoro, in termini di alto-basso, sole nero, sole buio. In questo passo, tra l’altro, sant’Agostino si rivolge contro i garruli raziocinatori. In fin dei conti, lo scetticismo è una forma di gnosi. E. C. Anche il dubbio? A. V. Il dubbio è una variante dell’ironia, indica il modo del due — il termine dubbio contiene, nell’etimo, il due, come duello. Però, il termine duello, poi, è stato inteso come lotta tra due, come una socializzazione del duello, nella dicotomia. La dicotomia è il tempo introdotto nel due o attribuito al due. Il due non è temporale, la relazione non è temporale. Le cose procedono dalla relazione e, quindi, anche l’assoluto procede dalla relazione, ma questo non vuol dire che l’assoluto sia relativo o relazionale — il sembiante, l’assoluto, la dimensione, la funzione, lo stigma (punto e contrappunto), la distinzione, la simultaneità procedo- no dalla relazione. SERGIO DALLA VAL Dove sta allora la resurrezione, che non proceda dalla conoscenza della morte? A. V. La resurrezione sta nella differenza da sé del significante, dell’uno: l’uno è diviso da sé, quindi è differente da sé. La resurrezione sta, quasi, in questo quindi. Perciò, l’idea dello sguardo, operando (ablativo assolu- to), diviene lettera, si scrive. Né la matematica né la letteratura esistereb- bero senza la resurrezione. Qui, io sto dando come acquisito ciò che appartiene al labirinto, alla ricerca, quindi alla storia, alla sua struttura, nella simultaneità. Perché se già ognuno si distrugge e avviene un’iden- tità tra l’io e l’uno, o fra il tu e lo zero, o fra il tu e il nome del nome, allora è chiaro che ci sono le varie difficoltà rappresentate, non c’è la difficoltà assoluta. La difficoltà assoluta è la difficoltà di parola: la parola senza facoltà, la parola senza facilità.
Non c’è dispositivo dove c’è il fascino della morte, ma c’è un continuo
pareggiare il conto o rendere la pariglia. È un procedimento micidiale:“tu mi hai fatto questo, allora io ti faccio questo, così siamo pari”.
La mancanza, propria dell’uno, è da intendere come sovrabbondanza. IL SECONDO RINASCIMENTO
Diviso da se stesso, mancante a se stesso: questa è una sovrabbondanza. Invece, dicendo “io sono l’uno” è come se si operasse una saldatura fral’io e l’uno che manca, nel senso della cura di sé, o della distruzione disé, o della preoccupazione per sé. Il fascino della morte dipende dallapaura della morte. Entrambe procedono dalla conoscenza della morte. Se io sono convinto di essere malato di morte, ho paura e sono affasci-nato dalla morte. Il programma integrale
Occorre fare ciò che occorre fare, quindi occorre un programma
globale, non limitativo, un programma che non parta dal peso dei ricordie dal concetto dei limiti assegnati a sé o all’altro. Occorre nonframmentarizzare, non parcellizzare il programma. Il programma glo-bale è il programma integrale, non totale. Il programma che seguesecondo la procedura delle cose, che procede per integrazione. È ciò concui avviene la scrittura: il fare tende a scriversi. Sta qui il programma equesto gli italiani non perdonano: di fare. Fare bene o male, invece,rientra tra le cose perdonabili, trattabili, gestibili, significabili, rappre-sentabili, socializzabili, nazionalizzabili. Ma il fare non è nazionalizzabile,perché è già la nazione.
Occorre la decisione assoluta di attenersi al programma e di conclu-
derlo. La condizione di questo sta nella voce. Se la voce non è condizione,noi siamo tutti nel sonnambulismo e nell’ipnosi! Siamo presi dall’ipnosidella pena, nel senso che dobbiamo badare alle nostre pene. Ma seaccettiamo la pena, accettiamo la morte. Accettare la morte è accettare lacolpa e la pena. Se erro, non ho pudore, abbiamo letto nel De Trinitate. L’errore di calcolo è la base del percorso pragmatico. Di errore in erroredi calcolo, è il filo di Arianna che avanza. Il filo di Arianna sta nell’inter-vallo. Se il filo di Arianna fosse stato nel labirinto, Teseo non ne sarebbemai uscito.
Il programma, finanziario, va fatto con prudenza, ma senza scrupolo,
altrimenti è come avere già accettato la morte. La prudenza sta dove sonoil sogno e la dimenticanza. Se il ricordo regna e pesa, la prudenza non c’è. Se c’è la totale vigilanza, la prudenza non c’è. Chi sta sveglio giorno enotte e non sogna mai, a un certo punto, entra nel sonnambulismo,nell’ipnosi. IL SECONDO RINASCIMENTO
A proposito del verso dell’Ecclesiaste: “C’è un tempo per seminare e
un tempo per mietere”. Qui l’Ecclesiaste dice: non c’è il tempo nel futuro,non c’è il tempo nel passato, c’è il tempo nel fare. Se io voglio mieterequando devo seminare, non mi attengo al programma, non facciosecondo l’occorrenza.
Il proverbio “Ogni giorno ha la sua pena” è un adagio terribile,
materno. Noi diciamo un’altra cosa: ciascun giorno ha il suo dolore. Dolore: sensazione del desiderio, sensazione del sapere. Il desiderio e ilsapere riguardano il registro del giorno, il registro della frase e della suascrittura, ma le cose che bisogna fare sono nell’intervallo, quindi, perfare, occorre stare sul filo e sulla corda, e stare al filo e alla corda deltempo. Se noi ci fermiamo al dolore, esso diviene coscienza del dolore esofferenza, drammatizzazione, spettacolarizzazione, distruzione di sé edell’altro. Non bisogna accettare l’anestesia.
Chi si mette a elencare i problemi, i dolori, le cose da affrontare tutte
in una volta fa algebra e si mette a sommare: c’è questo, poi questo, poiancora questo. E accetta la morte. La battaglia è intellettuale, senzanulla di naturale (né di soprannaturale), è costante, non è un’eccezione. In nessun istante la battaglia è assente. Credere che ci sia un istante senzabattaglia è accettare la morte. Bisogna fare e concludere, non concludereprima di fare. 25 maggio 1996, dalla conferenza del sabato L’invenzione della psicanalisi è sulla scia del rinascimento
Coloro che hanno accettato, in Italia, la demolizione della cultura,
della psicanalisi, della ricerca, del dibattito, della libertà di associazionee d’impresa si trovano, oggi, sotto l’ipnosi della pena, sopravvivono, sisono più o meno normalizzati, sono comandati, costituiti, significatidalla paura. Così, gli psicanalisti sono in cerca di qualche ancoraggioistituzionale o sociale o medico o di un impiego nelle Ussl (unitàsociosanitarie e, per giunta, locali), per sopravvivere. Hanno cercatoiscrizioni a albi, a liste particolari, italiane, e con qualche riferimentoestero, però sempre inquadrato nel regime italiano.
La psicanalisi, così com’era giunta in Italia e era praticata, un po’
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come visione del mondo, un po’ come ideologia, a opera di psicanalistiche avevano militato per le loro ragioni, è scomparsa. Che cosa è rimastodi quella psicanalisi — che fosse freudiana, junghiana, adleriana, laca-niana o postlacaniana? È rimasta la postpsicoterapia, nemmeno lapsicoterapia: e cioè sono rimasti la psicoterapia dei postini, dei tassisti,dei barbieri, delle parrucchiere, dei baristi e il trionfo degli psicofarmacie dell’elettroshock. Anche Giovanni Brusca, che ha azionato il comandonell’attentato a Falcone e alla sua scorta, usava il Prozac per superare i“momenti difficili”. E forse, lo usavano anche quelli che lo hannoarrestato. Tutti accomunati.
C’è un tale, assolutamente analfabeta, che, per la sua incultura, negli
anni sessanta e settanta non avrebbe nemmeno partecipato a un dibat-tito. Costui passa come un grande taumaturgo perché utilizza il Pro-zaccombinato con vari altri psicofarmaci e con l’elettroshock. Fa interventimassicci e rapidi, con risultati visibili. Al momento.
La questione non è la depressione. Soltanto chi postula un soggetto
dell’alto-basso, e quindi di trovarsi nel basso, si trova nella depressione. La pressione, la pulsione, procede dall’alto-basso, dall’ironia. Tutto stanel non fare dell’alto-basso una dicotomia, come quando uno si chiede:sono all’altezza di affrontare un progetto, un programma? La questionedella depressione è quella di una psichiatria che ha totalmente abdicatopersino a un’aspirazione idealmente scientifica.
Che cosa dice Lacan? Negli Écrits, c’è un articolo: Situazione dellapsicanalisi e formazione dello psicanalista nel 1956. Se noi dicessimo oggi:situazione della psicanalisi e formazione dello psicanalista nel 1996,quarant’anni dopo, troveremmo che c’è una situazione senza la psicana-lisi, una situazione di squallore nell’intero mondo psy. Sento alcuniprofessionisti e mogli di professionisti, che viaggiano tra il Prozac e ilcosiddetto psicanalista. I consigli, le spiegazioni, le soluzioni prospetta-te sono quelle che possono dirsi al bar, una volta si dicevano al dopolavoroferroviario, e oggi invece vengono venduti come professionalità, con ilmarchio, il bollo dell’albo, senza musica, senz’ascolto.
E la formazione dello psicanalista? Chi si rende conto che la breccia
aperta con Freud è la breccia della parola, anziché una variante o unasvolta nel discorso scientifico? È vero, Freud ha compiuto gli studinell’ambito del discorso scientifico, viene da un ambiente hassidico, ma
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il suo non è riconducibile a un contributo, sia pure inventivo e innova-tivo, al discorso scientifico. Chi si è reso conto che l’invenzione stessadella psicanalisi è sorta sulla scia del rinascimento? E che questo com-porta che sia sorta sulla scia della scienza della parola? Solo la cifrematicapuò dare il suo statuto, oggi, alla psicanalisi. La psicanalisi: esperienza diparola dove la parola sia originaria. Fino alla scrittura dell’esperienza. Ecco i dispositivi nella banca, nella scuola, nella bottega, nell’impresa. Dispositivi artificiali. Dispositivi intellettuali. Il profitto e il piacere
Dobbiamo forse credere alla politica fondata sulla logica binaria,
quindi guidata da un’oligarchia finanziaria che ha bisogno di un partitopopulista? Questa è la politica secondo il discorso occidentale, la politicacome campo di applicazione del discorso occidentale. È il discorsopolitico proprio al discorso occidentale.
Possiamo interrogare, a nostro modo, le varie navi in mare: la banca,
l’assicurazione, l’impresa, la città di Milano. Qual’è la direzione? Versodove e verso che cosa si rivolge la nave? I dispositivi intellettuali,anzitutto, sono dispositivi pulsionali, cioè trovano l’itinerario rivoltoverso la qualità. Sono dispositivi di scrittura, in definitiva, dispositivicifrematici. Dispositivi nell’esperienza perché l’esperienza si scriva e siqualifichi.
Per cinquant’anni, c’è stata, sotto una certa ideologia, la demoniz-
zazione del profitto, anzitutto come profitto intellettuale, che dia aditoal piacere, quindi la demonizzazione sia del profitto sia del piacere. Lademonizzazione dell’arte, della cultura e dell’impresa, della banca edell’assicurazione, come anche già del commercio, è, in estrema istanza,la demonizzazione del profitto.
I dispositivi intellettuali sono senza soggetto, quindi senza animale
fantastico anfibologico. Il profitto intellettuale è ciò che indica l’assenzadi zoologia economica, finanziaria, politica. Negli anni sessanta-settan-ta, noi sentivamo che la banca era il tempio del capitale, quindi chel’animale fantastico padrone poteva raggiungere un maggiore godi-mento, un maggiore piacere, oppure, che lui, sì, raggiungeva il godi-mento e il piacere, mentre lo schiavo no. Padrone-schiavo è un animalefantastico. L’analisi della Fenomenologia dello spirito, quindi, è un’analisi
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della zoologia fantastico-politica. 30 maggio 1996, dalla Festa del secondo rinascimento. La città La missione globale
L’intervento del poeta Aleksandr Kushner è una testimonianza della
sua poesia, della sua esperienza, e è anche la testimonianza del poetacome intellettuale, c’interroga sullo statuto dell’intellettuale, oggi, inRussia. È raro incontrare chi, in Russia, si senta investito di una missioneglobale. A me sembra che, con la sua testimonianza, Aleksandr Kushnerdica come il poeta, con la sua poesia, con l’eternità dell’istante che eglifissa nella sua poesia, assolva a una missione globale e, in questaaccezione, divenga intellettuale, nel senso di dispositivo intellettuale.
Non c’è nulla di naturale nella poesia. La città che poggia sulla poesia,
che poggia sull’infinito attuale della poesia, è città del tempo, è cittàaritmetica, è città non spaziale. Aleksandr Kushner ha detto, a un certopunto: La mia poesia è parte della Russia. Sì, è un istante eterno dellaRussia. Prendiamo un altro poeta: Archiloco. Bellissimo il suo verso: Iobevo appoggiato alla lancia. Archiloco è poeta e soldato, ma soldati sonotanti e nessuno come lui ha mai fissato questo istante: Io bevo appoggia-to alla lancia. Archiloco rimane, è ancora in quel verso oggi, era lì centoanni or sono, era lì mille anni or sono, sempre lì, nell’eternità dell’istante:Io bevo appoggiato alla lancia.
A Krzysztof Penderecki, il compositore polacco che qui, in queste sale
della Villa, aveva dato l’anteprima del suo Requiem, che avrebbe poidiretto nel Teatro alla Scala, qualcuno ha chiesto quale fosse la suaopposizione al regime comunista in Polonia. Penderecki ha risposto: Ionon ho il compito, opponendomi, di consacrare nessun regime. InPolonia, a Cracovia, ho composto il Requiem. Il regime non è rimasto: èrimasto il Requiem di Penderecki. Non è la guerra che Archiloco hacombattuto a rimanere, rimane la guerra costante, quella che ciascungiorno c’impegna, nell’eternità dell’istante.
Kushner dice che i contemporanei non sanno niente della poesia. Io
ho scritto che Leonardo non ha contemporanei, che Machiavelli non ènemmeno contemporaneo a se stesso né noi siamo contemporanei a noistessi. Non c’è contemponaneità, non c’è sincronicità. C’è questa eternitàdell’istante. La testimonianza di un poeta non può essere letta come unavisione del mondo. Egli dice qualcosa intorno all’eternità dell’istante. La
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proposta della poesia è qui: l’istante.
Questo solo per accennare alla stima che noi abbiamo verso la poesia,
la musica, l’invenzione, la scrittura sorte in Russia e che, certamente, sisono confrontate con il rinascimento. Oggi, la trasformazione che avvie-ne in Russia è straordinaria, ma è una trasformazione anzitutto cultura-le, poi economica, infine politica. L’Istituto di coordinamento culturalee commerciale con la Russia, che abbiamo fondato, tiene conto dell’inte-grazione culturale europea, economica, finanziaria e politica. Nel 1991,al Palazzo delle Stelline, abbiamo organizzato un avvenimento dal titoloLa Russia nell’Europa. Dove mai sarebbe da collocare la Russia? Anzi-tutto, culturalmente, nell’Europa. Ma l’Europa non è un continente. Staa Tokyo, sta a Los Angeles, sta al Cairo, sta a Gerusalemme. Anzituttoa Gerusalemme, perché la questione della nominazione è stata postasoltanto a Gerusalemme; e è nella combinazione tra la questione dellanominazione posta a Gerusalemme, il cattolicesimo e la classicità, cioèla questione della restituzione del testo occidentale con la lettura, che èsorto il rinascimento. Il rinascimento è sempre secondo rinascimento,nel senso che le cose procedono dall’apertura, dal due — rinascimentodella parola. È soltanto per questa via che la parola è stata trovata comeoriginaria, non in Grecia, dove si è giunti alla scienza del discorso e nonalla scienza della parola. 8 giugno 1996, dal dibattito svoltosi alla Villa San Carlo Borromeo con ErnestoH. Battistella, filosofo e matematico venezuelano, intorno al suo recente saggioLa logica matematica e l’industria della parola. Il secondo rinascimentoin America latina, edito da Spirali/Vel.
Nella logica funzionale, io distinguo fra sintassi, frase e pragma.
L’aritmetica, secondo la logica funzionale, attiene al pragma, cioè èun’aritmetica pragmatica. Il fare è aritmetico.
La sintassi rilascia il simbolo e si scrive attraverso il simbolo. Tuttavia
non è una scrittura simbolica. La frase rilascia la lettera e si scriveattraverso la lettera. La scrittura, nella frase, è letterale. Non diciamo chela scrittura della sintassi è scrittura simbolica, proprio per distingueretra il simbolico e la simbolica. Quest’ultima slitta sempre verso lojunghismo. È possibile lo junghismo nella logica matematica? È unaquestione. Il simbolismo di Peano non porta alla simbolica. IL SECONDO RINASCIMENTO
Il fare non è sintattico, come vorrebbe l’animazione, e come vorrebbe
anche il terrorismo, insomma l’animismo. Il fare non è neppure frastico,come invece sostiene il romanticismo, che propone il conflitto, la frattu-ra, il taglio epistemologico, la rottura. “La testa nel sacco”
Il sacco, vuoto, non si regge, scrive Pirandello. Per reggersi, bisogna
riempirlo, per esempio mettendo la testa nel sacco. Ci sono persone chefanno la battaglia, ma con la testa nel sacco. Solo così il sacco si regge. Ilsacco, mentale, è la cosiddetta anoressia mentale, l’anoressia non intel-lettuale.
L’accettazione mentale dell’alternativa alla riuscita — che poi è
l’alternativa alla parola, l’alternativa al fare, l’alternativa alla città, allafinanza — è “la testa nel sacco”. Lottare, battagliare, accettando l’alter-nativa è sopravvivere in maniera animistica, agitandosi o cogitandosi, equindi portando dappertutto il segno negativo, è la vita come conoscen-za del negativo, come conoscenza dell’alternativa. Io insisto su questo:la non accettazione intellettuale della morte è la non accettazione intel-lettuale dell’alternativa. Condurre un negoziato, una trattativa, discute-re, entrare nel dibattito con la testa nel sacco significa che, in partenza,viene pensata, accettata l’alternativa. Allora è una battaglia naturale,basata sulla buona volontà e sulla volontà di fare, una battaglia che puòessere conformista o anticonformista (ma fa parte dello stesso sistema diconformismo), non è una battaglia intellettuale. La battaglia intellettualeprocede dalla non accettazione intellettuale della morte, dalla nonaccettazione intellettuale dell’alternativa alla parola, dell’alternativaalla riuscita. La non accettazione intellettuale della morte è una virtù delprincipio della parola, accanto alla leggerezza, accanto all’aria, accantoalla tentazione intellettuale.
Ciascuno può essere tentato, non intellettualmente ma mentalmente,
e cioè può accettare l’alternativa. Leggete le tentazioni di Cristo. PerchéCristo non soccombe? Perché non accetta l’alternativa. Che cosa vieneprospettato a Cristo? L’alternativa. Se lui accetta l’alternativa, ci pensae combatte con il diavolo è sicuramente sconfitto. C’è anche chi combatteper essere sconfitto: costui non è un vero combattente, scrive Machiavelli,
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è un perdente, perché combatte avendo accettato l’alternativa, avendoaccettato la morte — di prendere, di essere, di distribuire, di dare lamorte. Leggete bene le tentazioni di Cristo, riguardano proprio questiaspetti, riguardano il fatto che la testa va nel sacco. Che cosa presenta ildiavolo a Cristo? Il sacco. Vuoto, non si regge. Il diavolo dice a Cristo dimettere la sua testa nel sacco. Cristo non dice: lasciami il tempo perpensarci; semplicemente non accetta l’alternativa. Non c’è alternativaalla riuscita, non c’è alternativa alle ragioni di salute (per riprendere untitolo di un numero del “Secondo rinascimento”).
Non c‘è alternativa alla salute, non c’è alternativa all’esperienza e alla
scrittura dell’esperienza, non c’è alternativa alla città da inventare. Inche modo i politici, gli amministratori pubblici, gli amministratori deicomuni, delle province, delle regioni, in che modo le banche, le compa-gnie di assicurazione accettano l’alternativa? Parlate con il responsabiledi un’impresa (non con un qualsiasi salariato), parlate con chi rischia,ponetegli la domanda se per lui e per la sua impresa si pone l’alternativaalla riuscita: vi riderà in faccia. Io non ho trovato un solo imprenditoreche dica: sì, può darsi che questa impresa non riesca. Perché basta cheaccetti mentalmente (l’anoressia mentale è questa) la non riuscita,quindi il fatalismo, basta che sia nella mentalità, perché la non riuscitasi produca. Fatalmente, cioè, in questo caso, senza la parola.
Andate nelle librerie. Vedrete quante riviste di psicologia, di psicote-
rapia, di psicanalisi, di psicoterapia e scienze umane ci sono! Sul mondopsy esistono una cinquantina di riviste. Ammettiamo pure che ciascunaabbia mille copie di tiratura, voi trovate che due-tre milioni di personele leggono.
Considerate i corsi di aggiornamento rivolti ai dirigenti d’impresa.
Gli insegnanti spiegano psicologia della comunicazione. Oppure consi-derate quanti sono i laureati in medicina che fanno psicoterapia senzapreparazione, avendo solo leggiucchiato. Quanti sono i laureati inpsichiatria, in psicologia o in altre discipline, che si sono iscritti all’albodegli psicologi, semplicemente esibendo, quando c’è stata la sanatoria,un pezzo di carta qualsiasi. Alcuni hanno presentato attestati di frequen-za ai nostri congressi, però senza citare il mio nome, e cercando qualchepostlacaniano all’estero cui fare riferimento, per dire che avevano uncollegamento internazionale. Insomma, c’è da compiere un’introduzio-ne alla logica, alla psicanalisi, alla clinica, alla cifrematica con vari corsi. IL SECONDO RINASCIMENTO
Abbiamo molti libri importanti, per questo.
Ciascuno di noi, facendo parte di quest’impresa che sta nella parola,
nell’arca, non ha alternativa alla riuscita. Se viene letto, il libro NiccolòMachiavelli può diventare uno strumento importantissimo, lo strumentoprincipale per la formazione dei banchieri, degli assicuratori, degliimprenditori. È vero che esiste un’oligarchia finanziaria che si avvale diun partito populista e della burocrazia. Noi dobbiamo combatterecontro l’oligarchia finanziaria, contro la burocrazia? Proprio per niente. Noi non dobbiamo combattere contro nulla. Si tratta di combattere, sì, main direzione della qualità, perché combattere contro qualcosa è, in questocaso, avere accettato l’alternativa. L’anticonformista fa parte dello stessosistema del conformista. Un conto è l’assenza di conformismo e un altroconto è l’anticonformismo. L’anticonformismo rientra nel conformismo. Nell’ottobre del 1977, c’era stata la Biennale del dissenso, a Venezia. Iodicevo, a quell’epoca, che il dissenso è una cosa, altra cosa è la dissiden-za. Il dissenso conferma il sistema del consenso, del buon senso e delsenso comune. Altra cosa è la dissidenza, che è l’idioma, la logica. La formazione degli imprenditori
Un’impresa italiana che debba vendere all’estero, per esempio in
Giappone, in Cina, in Indonesia, anzitutto deve avere informazioniprecise intorno a queste nazioni e, sopra tutto, deve arrivare alla stimae alla fiducia degli interlocutori stranieri, per poter giungere al contratto. Ci sono specialisti dell’economia che insegnano teoria del negoziato, mala cosa principale è la cultura internazionale. La nostra fondazione sichiama Fondazione di cultura internazionale. “Internazionale” sembrauna ridondanza, un pleonasmo rispetto a “cultura”. Sì, è una ridondan-za, è un pleonasmo, ma c’è chi intende la cultura in modo provinciale,patriottico, campanilistico. Un’impresa italiana, piccola o grande chesia, oggi può vivere se ha relazioni e commesse da vari paesi. Perchériceva queste commesse, c’è bisogno che questa impresa italiana si formiculturalmente, intellettualmente intorno al paese verso cui vuole espor-tare.
Internazionalizzazione e globalizzazione dell’impresa italiana sono
temi sulla bocca degli imprenditori e degli economisti, oggi. Noi ne
IL SECONDO RINASCIMENTO
parlavamo già nella Peste (1980), ne parlavamo nell’81 a New York, neparlavamo a Gerusalemme, a Tokyo. Oggi, questi sono termini e pro-grammi della Confindustria e, tuttavia, a essere chiamati per la forma-zione sono gli psicologi. Mi pare che la nostra formazione sia ben altra,ma bisogna rendersi conto di questa formazione, di questa preparazione,bisogna assumerla.
Le difficoltà si affrontano con l’esperienza, avanzando nell’esperien-
za, alzando il tiro, non abbassandolo mai: mai cedere, mai abbattersi,mai rassegnarsi. Così viene affrontata la difficoltà. Mai accettare mental-mente l’alternativa, perché significherebbe accettare la morte. Dico aciascuno di leggere assolutamente, urgentemente, L’albero di San Vittore,oppure, nella Congiura degli idioti, il capitolo Leggerezza dell’arca. Se nonintendete queste cose, dovete intenderle. Erano difficili i 41 giorninarrati lì? Certo. La difficoltà è sempre assoluta, la difficoltà è dellaparola, è la parola facoltà. Combattere con la testa nel sacco significacombattere come soggetto. Il soggetto combattente è un soggetto che hagià perso. È un soggetto, anzitutto, è una creatura gnostica, non è uncombattente, non è dispositivo. Non ha scuse il dispositivo. Oppure,ciascuna scusa, ciascun espediente, ciascuna circostanza sono per fare.
Che cosa offre il diavolo a Cristo? L’alternativa: tutto questo sarà tuo,
basta che tu rinunci all’aspetto intellettuale. Chi è il disoccupato?
Quando era venuto a Milano, l’8 maggio 1973, al Museo della scienza
e della tecnica, Gilles Deleuze aveva detto che Marx era affascinato dalcapitalismo, riteneva che il capitalismo sarebbe riuscito a arrivare a unasocietà senza lavoro e senza stato. Qui è incominciata l’utopia. GiulioSavelli ne ha accennato nel suo libro Riforme e Libertà (Spirali/Vel). Macosa comporta la lotta di classe, questo grande mito romantico, che ci haportato fino a questi anni? Voi sapete che Marx intendeva la questioneebraica come la questione dell’interesse particolare, non della particola-rità come idioma. Insomma, la lotta di classe che cosa comporta? Che ilproletario sia il migliore operaio, il migliore servitore. Fa le sue lotte, lesue rivendicazioni, ma come si concludono? Sempre con un accordo.
C’è il grande problema della disoccupazione. Chi è considerato
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disoccupato? Chi non ha più un salario, e lo cerca. Il salario era lostipendio del militare — e infatti prima è incominciata l’organizzazionedel diritto canonico, poi l’organizzazione della milizia e, infine, l’orga-nizzazione dell’industria e della fabbrica: la schiavitù, nell’epoca chia-mata moderna, è sotto la forma del salario. Questo è stato intesobenissimo dal marxismo e portato a livello di regime nei paesi comuni-sti. Chi non è salariato e non è disoccupato occorre pure che s’ingegni pervivere. Quali sono i mestieri che può fare chi è disoccupato? Io, chelavoro venti ore su ventiquattro, sono un disoccupato, o no? Sono undisoccupato. I monaci del medioevo, che ci hanno tramandato la culturatrascrivendo i manoscritti, erano disoccupati. Colombo e i suoi amicierano disoccupati: è per questo che sono andati in America. 22 giugno 1996, dalla conferenza del sabatoLa lettura. Il libro di Harold Bloom, Poesia e rimozione, è un libro
straordinario.Harold Bloom è la gnosi ebraica impossibile, oggi, inAmerica, la gnosi portata all’estremo. In Elie Wiesel, la gnosi vieneattraversata e a trovarla impossibile è la nostra lettura. Mentre il cosid-detto revisionismo di Bloom è proprio la gnosi impossibile. Quello diBloom non è il commento classico al Talmud, è evidente che per Bloomleggere Ashbery o leggere il Talmud comporta sempre la dislettura,come lui la chiama, insomma, non la lettura secondo il discorso occiden-tale, non il commento.
Io considero quella dei classici latini e dei classici cristiani una delle
letture più importanti, e in particolare la lettura di Lucrezio e dellapatristica (sia quella scritta in greco, come per san Basilio, sia quella inlatino, come per sant’Agostino). L’edizione Migne dei testi della patristicaè stato uno dei testi più consultati da me all’epoca universitaria. Hoproseguito dopo a interessarmi alla patristica, ma insistendo di più sualcuni, su sant’Ambrogio, per esempio, che non avevo studiato nellapatristica, ma che ho letto dopo, poi su sant’Agostino. Ancora adesso misoffermo molto sul De Trinitate. Una delle persone che si forma con mesta leggendo il De Trinitate e quindi ne discutiamo, paragrafo perparagrafo. Questo di prendere un testo molto difficile e discuterne è unbuon metodo anche per fare l’analisi. Non è che gli aspetti analitici eclinici vengano elusi. Provatevi a leggere il De Trinitate: gli aspettianalitici e clinici emergono per ciascuno nel modo in cui si confronta con
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questo testo, che, ripeto, è un testo importante ma molto difficile. Clinamen. Il termine, per l’etimo, potrebbe giungere al greco e quindi
al klinein, alla clinica, qui invece io l’ho preso proprio nell’accezione didiagramma. Il clinamen, il clinamen di Lucrezio, è il diagramma, è il daonell’accezione del due. Il dao è il due e il tre. Il nostro amico poeta ShenDali insisteva su un aspetto del dao, l’armonia, ma c’è anche l’altroaspetto, che è l’inarmonia.
A instaurare il due sono il Mediterraneo e Gerusalemme. Ma il due
c’è anche in India, lo ha rammentato Grigorij Pomeranz, che, a SanPietroburgo, si è accorto di qualcosa del nostro messaggio. Pomeranz hadetto che c’è una teoria in India che indica il due come originario. Ilclinamen è il due e è il modo del due, quindi il diagramma, quindi anchequello che Leonardo chiama traccia. Per Leonardo da Vinci, poi, latraccia, o il disegno, è sia il modo del due sia il modo del tre, e anche ilmodo del tempo. Il sintomo. Se nella conversazione si segue il modo domestico, ci sono
complicazioni, ci sono rappresentazioni del sintomo, dell’impasse, rap-presentazioni, dicevamo una volta, del punto di schisi, della melodiadell’Altro. Non bisogna mai credere che nella conversazione sia facile,sopra tutto non bisogna mai credere che ci si conosca e, quindi, che sitratti di volere o non volere qualcosa. Nessuno può annullare o distrug-gere o togliere o confiscare la parola, nemmeno Dio. La via della gnosiè quella in cui risulterebbe possibile togliere la parola, confiscarla,distruggerla, annullarla. Noi fughiamo il pregiudizio
Noi abbiamo lanciato un movimento culturale forse già con i semina-
ri di linguistica, tra il 1968 e il 1969, all’Università Cattolica di Milano, etra il 1970 e il 1971, all’Istituto di psicanalisi della Società psicanaliticaitaliana (Psicanalisi e semiotica era il titolo); poi all’Istituto di specializ-zazione in psicologia dell’Università Statale di Milano, per laureati inpsicologia e in medicina. Sulla scena internazionale, questo Movimentoè incominciato il 5 febbraio del 1973, come movimento intellettuale,culturale, artistico, divenuto presto qualcosa di non inquadrabile. Riba-
IL SECONDO RINASCIMENTO
disco che, fino all’incontro con Lacan e di Lacan — incontro avvenuto,anzitutto, attraverso la lettura degli Écrits —, io non avevo nessuninteresse per la psicanalisi. Alcuni psicanalisti avevano eletto me comeinterlocutore di queste cose nuove che erano la linguistica, la semiotica,ecc., ma, se voi avete letto la mia tesi di laurea, si tratta già della “parola”,della logica e della struttura della parola. È un itinerario vero e proprio. Poi, si può leggere a cose fatte, in maniera retroattiva — la lettura èsempre retroattiva, è una lettura attiva. Avevo scritto un saggio intornoa Lacan, quindi andai a discuterlo con lui. Quando andavo a trovareDerrida, Greymas o Barthes, si trattava di incontri dove io ponevo alcuniquesiti e loro mi rispondevano; negli incontri con Lacan, invece, luirispondeva e non rispondeva, dava un altro appuntamento per discute-re ancora della questione. L’analisi con Lacan è avvenuta in questomodo, per esplorare alcune questioni attinenti alla linguistica, nel modoin cui io le stavo incontrando.
Io ero assolutamente ipercritico, perché avevo molte letture, perché
m’interrogavo su moltissime cose, per la fede. (Come si può formularequesta fede? Nella fabula, la fede è formulata come: essere “nato con lacamicia”, oppure “baciato dal cielo” o dalla fortuna, insomma con undestino che è da fabbricare, non già destinato, sicuramente non prede-stinato.)
Nel 1969, dopo la tesi di laurea sui Giganti della montagna, vado a
Gressoney per tenere due conferenze, una intorno alla lettura linguisticadel primo canto del Paradiso, e un’altra per una lettura della vita di santaTeresa. Gli uditori e lo stesso Egidio Guidubaldi, il gesuita che organiz-zava gli incontri di Gressoney nel suo Istituto dantesco europeo, ritene-vano che, essendo io “strutturalista” cioè esperto di linguistica struttu-rale, facessi una lettura strutturale. La mia lettura non era affattostrutturalista, come non lo era la lettura dei Giganti della montagna. In findei conti, lo stesso Mario Apollonio, nel giudizio che dà della tesi, se neaccorge. Lo sorprende che — questa è chiaramente una fantasia di MarioApollonio — io sia in grado di scrivere il terzo atto dei Giganti dellamontagna, lasciato incompiuto da Pirandello. Accompagnata da questogiudizio di Apollonio, la tesi partecipa al concorso di saggisticapirandelliana, a Roma, all’Istituto di drammaturgia, che è ospitato nellacasa dove viveva Pirandello. Vinsi il concorso, aggiudicandomi una
IL SECONDO RINASCIMENTO
borsa di studio di 300 mila lire. Anche a Parigi andai con una borsa distudio, messa in palio per concorso dal Governo francese.
Noi abbiamo lanciato un movimento che era anche psicanalitico e che,
negli anni settanta, si chiamava Congresso di psicanalisi. Si formano“psicanalisti”, ci sono libri, riviste, ci sono traduzioni, dibattiti. Nonc’erano congressi di psicanalisi di quel tipo, da nessuna parte! Voi leggetele “Lettres de l’École freudienne”: ebbene, erano psicanalisti o persone informazione a tenere interventi in equipe e congressi. Altrettanto accadevanell’International Psychoanalysis Association, nelle Società di psicanali-si, ma anche nelle Società di psichiatria. Non esisteva un congresso dipsicanalisi dove, tra i relatori, ci fossero dieci psicanalisti e novanta nonpsicanalisti. In Italia, poi, non esisteva un congresso culturale che richie-desse un’iscrizione per l’ingresso. È una cosa introdotta da me.
Egidio Guidubaldi, intorno a Dante, interpellava psicanalisti, filoso-
fi, critici. Ho saputo poi che, negli ultimi anni, si era interessato allaRussia e aveva fatto venire molti russi in Italia per i dibattiti. PadreGuidubaldi si recava all’estero, parlava con le persone e dava loroqualche ispirazione. È andato da Sollers e gli ha ispirato il saggio Danteet la traversée de l’écriture. Sollers, da quel momento, si è interessato aDante e ha scritto Paradis 1 e Paradis 2 (l’ha dichiarato lui stesso,rispondendo a una curiosità di Dominique Desanti: mi sono interessatoa Dante a causa di Egidio Guidubaldi, che mi aveva chiesto un articolo).
Negli incontri internazionali, avvengono alcune cose di questo tipo,
ma nel mio caso c’era un’esperienza di estrema apertura, fatta presso ilcollegio dei gesuiti. Le persone che venivano a tenere conferenze nelcollegio erano di varia formazione e di estrazione differente — scienzia-ti, medici, scrittori, missionari — e i gesuiti stessi erano molto preparati. Nel nostro catalogo ce ne sono alcuni: oltre a Daniello Bartoli, abbiamopubblicato saggi e articoli di Roberto Busa, Sergio M. Katunarich,Giuseppe Pittau, Guido Sommavilla.
C’era un’altra caratteristica dell’esperienza: fin dall’inizio, questa
psicanalisi era anche impresa. Sono notevoli e in notevole numero i libritradotti e pubblicati, nostri o di altri autori, presso vari editori. Tra il 1981e il 1985, avviene l’affermazione del secondo rinascimento, nel sensodella logica della parola e della sua industria — e non della piscanalisicome psicoterapia. Addirittura, ci sono numeri contro la psicoterapia,
IL SECONDO RINASCIMENTO
contro Jung, ecc. Il mensile “Spirali” è un miracolo nel panoramaeuropeo e in Italia. Da allora, i partiti, le ideologie si sono adoperati intutti i modi per recuperare, per imitare, per fare qualcosa che potessesomigliare a questa esperienza. Non dimentichiamo che il primo gestoera stato di tentare di assorbirla in toto, cioè d’integrarla nell’ambitodella grande sinistra. La questione non era se io fossi di destra o disinistra, la questione era di una decisione intellettuale. Non posso direneanche che sia stata una scelta, io non mi sono mai trovato a scegliere. Nemmeno la decisione per me è una questione, la decisione è già in atto,ciascuna volta, senza che io la prenda.
Chi intende questa fabula, questo romanzo storico, questo romanzo
politico, chi intende questo itinerario nell’esperienza trae il massimovantaggio. Chi, nell’esperienza, ci mette il problema psicologico, ilproblema della rivalità, il problema edipico, il problema dell’invidia, sigrava di sofferenze e di patologie che costituiscono un freno. In chemaniera questa esperienza può divenire tipo, quindi cifra, e quindiun’indicazione per altre esperienze, questa è la portata della scommessa,oggi più che mai. Quando noi diciamo che occorre trovare i dispositiviintellettuali nella banca, nell’impresa, nell’assicurazione e addiritturanelle istituzioni e nelle amministrazioni dello stato, diciamo che, perquanto ci riguarda, noi fughiamo il pregiudizio che si è affermato comeconseguenza del 1985, quello cioè che la parola non sia una zona franca. Fugare il pregiudizio significa non assumerlo (la cosa peggiore è assume-re il pregiudizio che altri prospetta e farsene un problema psicologico).
Se noi continuiamo a dire “psicanalisi sì, psicanalisi no”, noi ci
situiamo nell’ambito del pregiudizio. Vincere il pregiudizio affrontan-dolo e combattendolo direttamente è assolutamente impossibile: valesolo a alimentarlo. Gaetano Salvemini diceva: se sei accusato di avererubato la Madonnina del Duomo di Milano, la prima cosa da fare èfuggire, la seconda è difenderti. Io non ho fatto né la prima né la secondacosa. Dove sta il dispositivo
Divenire dispositivo è una cosa rara, diciamo unica. Noi proviamo là
dove c’è l’estremo rischio. La difficoltà è della parola, quindi è inutile
IL SECONDO RINASCIMENTO
rammaricarsene. Chi si rammarica della difficoltà si rappresenta ladifficoltà, perché non c’è facoltà della parola, la parola è senza facoltà, inpratica, senza soggetto, La difficoltà è un teorema della parola.
Alto-basso è sempre ossimoro, non sta dinanzi a noi. Se, per esempio,
poniamo l’alto di fronte a noi, allora diciamo che c’è qualcosa d’intocca-bile, d’inavvicinabile, c’è l’assenza di parola, l’assenza d’incontro, l’as-senza di dispositivo, perché questo alto è tanto alto, tanto consacratosocialmente, quindi genealogicamente, che mai andremo a incontrarlo. Alto-basso costituiscono il modo dell’apertura, non la chiusura. Sonochiusura alla parola, ovvero alla lingua del labirinto, alla lingua diplo-matica soltanto, se li collochiamo dinanzi a noi.
I dispositivi non stanno né nell’alto né nel basso, i dispositivi stanno
dove c’è rischio. Ho incontrato tante persone in Italia e noto che c’è unaspecie di “paralisi”, anziché di analisi, dell’Italia dovuta alla paura, alterrore, rispetto alla decisione, alla responsabilità; noto che, nelle istitu-zioni, nelle amministrazioni, non c’è chi assuma la responsabilità difirmare qualcosa. La burocrazia, qui, anziché rendere le cose semplici, lerende complicate e praticamente impossibili.
Bisogna che il pregiudizio non sia per noi un impedimento ma che sia
qualificato come circostanza e, se mai, come ostacolo, ostacolo nonrappresentato, così da divenire, per un verso, modo dell’apertura, perl’altro verso condizione della riuscita. Noi possiamo elaborare perquesta via il pregiudizio, come Leonardo e Machiavelli elaboranol’animale fantastico: non c’è più l’animale, c’è la figura del due, c’è ilfantasma e c’è la fabula, c’è la scrittura della fabula.
Non ci sono tanti intellettuali, tanti giovani che si trovino in una
missione, dove nulla può impedire che ci sia incontro con chi si trova nelrischio, ad alcune condizioni: di non essere sprovveduti e di non esserené arroganti né modesti (che è l’altra faccia dell’arroganza), a condizio-ne, cioè, di non parlarsi addosso, di non metterci del proprio, di nonparlare nella propria lingua. Il coccodrillo
A proposito del fantasma materno che punta alla realizzazione, ecco
un aneddoto cui avevo fatto cenno nella Peste (p. 128, capitolo La
IL SECONDO RINASCIMENTO
PAZIENTE Sotto il lettino c’è un coccodrillo.
PSICHIATRA È assolutamente escluso che ci sia un coccodrillo.
PAZIENTE Le assicuro che il coccodrillo c’è.
PAZIENTE Non c’è affatto bisogno di vedere! Il coccodrillo c’è!
PSICHIATRA No, no. Lei deve vedere! Deve vedere che non c’è!
PAZIENTE Ma le assicuro io che c’è! Non mi faccia vedere che non c’è!
PSICHIATRA No, lei deve assolutamente vedere!
Così, il paziente guarda e, il coccodrillo, il paziente in quel momento non lo
PSICHIATRA [tutto contento, come uno psichiatra dell’Enrico IV di Pirandello]Ecco, ha visto? Non c’è! Quindi lei può stare tranquillo. Il paziente non era affatto tranquillo. Lui aveva trovato una sua soluzione: ilcoccodrillo c’era e stava sotto il lettino dello psichiatra, il paziente glielo lasciavalì e se ne andava senza il coccodrillo. Il paziente non va più a visitare lopsichiatra.
PSICHIATRA Strano, non viene più questo paziente. Eppure era assiduo,puntualissimo ogni volta [Doveva dimostrare, infatti, che c’era un coccodril-lo sotto il lettino]. Dopo molto tempo, dallo stesso villaggio da cui proveniva quel paziente, vienea visitare lo psichiatra un altro paziente.
PSICHIATRA Lei ha notizie di quel paziente?
SECONDO PAZIENTE Come dottore, non lo sa!? È stato divorato da uncoccodrillo!
27 luglio 1996 Dio non ha bisogno di vittime
L’enunciato non è né vero né falso. Verità-falsità non pertengono alla
logica degli enunciati, alla logica delle operazioni, dove operatore è dio. Verità-falsità sono ossimoro. Il falso, invece, è il punto di caduta (falsusin latino) o il punto di precipizio, e riguarda lo specchio. Il vero investela sopravvalutazione. Invece, la verità è l’effetto della qualità. Vero-falsosono ossimoro, come positivo-negativo, bene-male, giusto-ingiusto.
Dante Alighieri ha parlato di dio falso e bugiardo. Qual è il dio falso
IL SECONDO RINASCIMENTO
e bugiardo? È il dio del teista e dell’ateo. Il teista e l’ateo sono fonda-mentalisti, cioè senza dio. Il fondamentalismo è senza dio — questo aproposito dell’ultimo libro di Jean Daniel Dieu, est-il fanatique? Già ilcredente e il miscredente si rappresentano dio, lo immaginano, losuppongono. Dio non è né credenza né immaginazione né suppositio, inbreve, non agisce, non algebrizza, non somma, non moltiplica, nondivide, non sottrae, le sue operazioni non sono algebriche. Dio opera. Ea che cosa, verso che cosa opera? Verso la scrittura. Ma nemmeno ladirezione pertiene a dio. La direzione è essenziale.
La battaglia non è un’eccezione, è costante, è battaglia intellettuale,
artificiale. La battaglia si scrive a opera di dio — dio operatore (“a operadi” vuol dire soltanto a opera di dio) —, dio opera in questa accezioneprecisa, gli umani non possono attribuirsi le opere e nemmeno la fede. Dio è fede, operatore, e opera alla scrittura. “L’uomo propone e Diodispone”: no, dio non dispone, opera. Nemmeno l’uomo dispone. Dionon è nemmeno dispositivo, non può entrare come statuto nel disposi-tivo.
In Dieu,est-il fanatique?, Jean Daniel fa il paragone tra Isacco e Ifigenia.
Agamennone deve partire con l’esercito per sconfiggere i troiani, ritieneche gli dei chiedano il sacrificio umano, cioè che la figlia sia sacrificata(presso altre tribù tocca al primogenito o, comunque, a un giovane). Mala figlia non viene sacrificata perché è sostituita da un animale, mentrelei diviene sacerdotessa del tempio. La Grecia è giunta già con l’etica,prima ancora della filosofia, prima ancora della lirica, all’esclusione delsacrificio umano: la divinità non ha bisogno, non si nutre del sanguedegli umani. Questa è un’acquisizione greca — Jean Daniel scrive che èpiù greca che mesopotamica o ebraica. Anche nel caso di Abramo e diIsacco si tratta di un intervento di dio che ferma il braccio di Abramo. C’èun sacrificio da compiere e si tratta dell’agnello. Dov’è l’agnello?, chiedeIsacco a Abramo. Con l’atto di Cristo avviene ben altro: nemmenol’agnello viene sacrificato. La divinità non ha bisogno del sangue deglianimali. Insomma, la questione è molto più radicale: dio non ha bisognodi vittime.
Che cosa viene dissipato con l’atto di Cristo? La zoologia. La zoologia
fantastica è religiosa, cioè pagana. In che modo la scrittura, la Bibbia, nonè più pagana? Noi possiamo dire che la lettura procede alla luce dellatestimonianza, del testamento nuovo, insomma che la scrittura non è più
IL SECONDO RINASCIMENTO
pagana, perché dio opera. Quando gli umani agiscono in nome di dio, afavore di dio o contro dio o credendo nella sua azione, sonofondamentalisti, sono pagani. In questa accezione — il termine non èparticolarmente felice —, sono fanatici. L’azione in nome di dio comportaun certo purismo; l’azione senza dio comporta un altro purismo. C’è unateocrazia nel primo caso, ma c’è ben altra teocrazia nel secondo caso,quello del laicismo. Prendiamo il caso in cui gli umani, tutto ciò che dibuono, di vero, di giusto, di bello possono fare in nome di dio, lo faccianosenza dio. In questo secondo caso, arriviamo al cannibalismo del vente-simo secolo e poi alla psicofarmacologia, alla morte bianca, alcannibalismo bianco.
A proposito del testo di Giobbe, non c’è nulla che Giobbe possa
attribuire a dio, nulla di cui possa lamentarsi, neanche il dasein, l’esserci,neanche l’essere. È chiaro che la parabola di Abramo occorre leggerla, ilpositivo-negativo non può attribuirsi all’itinerario, per cui l’euforia e ladisforia sono il modo di porre dinanzi a noi il negativo o il positivo, ilmale o il bene. Questo brano va letto altrimenti: non come un’azione didio, nel senso che Abramo resta lì, sonnambulico, non prende nessunadecisione che lo riguardi, è soggetto automa, quando riceve l’ordine valì per uccidere Isacco. Poi dio interviene ancora, agisce e dice: fermati! eallora viene sacrificato l’agnello. Che dio è, se la cosa viene letta così?Sarebbe un dio fanatico, un dio agente. Nel libro di Jean Daniel, dell’as-soluto c’è una nozione negativa, viene attribuito al fondamentalismo,secondo cui sarebbe possibile combattere a favore dell’assoluto e controil nemico dell’assoluto. Ma questo non è l’assoluto.
La battaglia è intellettuale, costante e artificiale, non è contro qualcu-
no, è in direzione di qualcosa, in direzione della qualità. La battaglia sirivolge alla qualità, ma non giunge alla qualità se non scrivendosi. Perché la battaglia si scriva, e si scrivano quindi la politica, l’impresa,l’azienda, la banca, l’assicurazione, dio opera.
Noi possiamo, tenendo conto della logica operazionale, analizzare
quanto accade oggi, per esempio, tra Burundi e Ruanda, oppure tragruppi religiosi in Israele, oppure nel fondamentalismo in Iran. Esistonopersone torturate e uccise per i motivi più vari, per esempio ancheperché non pagano le tasse, per corruzione, ecc., anche in Cina. Ma inCina, questo non accade in nome di dio (come in Iran), ma perchésarebbe stato offeso lo stato, quindi in nome dello stato. IL SECONDO RINASCIMENTO La trincea: un atto di credenza
Essenziale la direzione verso cui l’itinerario si rivolge. La trincea è un
atto di convinzione, è una credenza, ci si convince di trovarsi in trinceae allora c’è un minimalismo proprio della trincea, c’è l’assenza dimegalomania, i pensieri sono tanti ma truci e ruotano tutti intorno aquesta rappresentazione dell’inferno della trincea, in modo che la pauraregni (questo non bisogna farlo, quell’altro neppure, se facciamo questo,lo facciamo al minimo, e, guarda caso, in modo superconformista). Credersi, immaginarsi nella trincea comporta il minimalismo e ilconformismo, ma sopra tutto l’assenza di direzione, perché ciò che neglianni settanta-ottanta era lungo una traversata venga reimparato. Peresempio, c’è il tema del delirio: allora c’è il delirio in Freud, il delirio inLacan, prendiamo uno scritto di Freud, uno scritto di Lacan e vediamoun po’ di avvicinarci a questo, quindi senza entusiasmo, senza slancio,senza la direzione intellettuale.
Il positivo-negativo non possono attribuirsi all’itinerario, non stanno
dinanzi a noi, ci troveremmo a brancolare tra l’euforia e la disforia, frail bene e il male, tra il vero e il falso, tra il giusto e l’ingiusto. Insomma,ci troveremmo nella zoologia del conformismo. Il non procede dal due. “A non A”, A è diviso da se stesso: già questo indica che procede dal due. Del resto, “A non A” è ossimoro, cioè i contrari e i contraddittori sonovarianti dell’ironia. Non sono un quadrato, non fanno quadrato, non c’èlotta dei contrari, c’è l’inconciliabile, ma la lotta non può essere attribuitaai contrari.
Il non non si trova né dinanzi né dietro, il non procede dal due.
Procediamo dall’apertura, non arriviamo all’apertura. È essenziale que-sto. Noi non procediamo dalla prigione per raggiungere, conquistare oriconquistare la libertà. La prigione della parola non c’è più. Il negativo-positivo sta dietro, non l’abbiamo dinanzi.
Dal due procede il “noi”. Quando diciamo “noi, voi, loro”, siamo
indici dell’infinito attuale, non siamo un soggetto, il soggetto dellacollettività; la comunità come soggetto non c’è, non c’è il soggettopolitico: “adesso nasce in Italia un nuovo soggetto politico”, ma non cen’era neppure uno vecchio. La politica non è soggettiva e il politico nonè un soggetto. IL SECONDO RINASCIMENTO
Dopo la lettura della Congiura degli idioti, di Leonardo da Vinci e di
Niccolò Machiavelli, occorre leggere oggi Totem e tabù di Freud in unamaniera assolutamente nuova. Totem e tabù esplora la zoologia. Inquest’opera, vengono analizzati l’animale anfibologico, il sostanzialismo,il mentalismo. Qui, il padre possessore è l’assenza di nome e di autorità. Il padre possessivo colloca l’autorità come ideale. Che cosa istituisce laschiera selvaggia? Il postulato della fratellanza universale. Il discorsooccidentale è zoologico, ma è proprio fondamentale nel testo di Freud ildiscorso occidentale? Intanto, il discorso occidentale non è fondamenta-le in nessun testo, non è essenziale nel testo occidentale. 24 e 25 agosto 1996, dal Convegno dell’Associazione cifrematica europea Come divenire cifrematico. La formazione, l’insegnamento, la qualificazione. Le tre istanze dell’impresa: debito, credito, investi-
Negli anni 1992-’94, con Claire-Lise Grandpierre, c’è stata una straor-
dinaria ascesa dell’equipe svizzera: si sono tenuti il congresso di SanPietroburgo al Palazzo di Tauride, il congresso di Parigi alla Maison dela Chimie, sette lezioni più una all’Università di Ginevra e poi le equipe,a Ginevra e a Milano, prima quindicinali, poi settimanali. Si è trattato diequipe straordinarie, dove è avvenuta un’elaborazione enorme.
C’è stata, poi, a Ginevra, la nascita della libreria-galleria-università
del secondo rinascimento, in una bella sede. L’inaugurazione è avvenu-ta il 17 maggio 1994, con un forum di due giornate. L’equipe settimanaleha preparato il congresso al Palazzo delle Nazioni Unite, a Ginevra, daltitolo La carta intellettuale. Questa sede permanente alle Nazioni Unites’intenda istituita come sede simbolica. Si tratta di una sedenell’extraterritorialità, senza territorio.
Dal dicembre del 1994 e poi, man mano, in questi due anni, sono
avvenute nell’equipe svizzera alterne vicende. Che cosa è intervenuto,a un certo punto? Quella che, in maniera rozza e barbara, viene chiamata“la crisi di crescita”. La crisi di crescita di un’impresa è questa: che, a uncerto punto, l’impresa viene negata. Perché ci sia impresa occorre che cisiano tre istanze: il debito, il credito e l’investimento.
Il debito risalta dalla funzione di padre, cioè dalla funzione di nome,
IL SECONDO RINASCIMENTO
dalla funzione di zero. Si tratta di ben altro che, istericamente,nevroticamente, psicoticamente, mettersi a fare il padre. Mettersi a fareil padre è una cosa stupida, è antropomorfismo, è domesticità litigiosa,con livori, visceralità, naturalità. Si tratta di zoologia.
Il debito risalta dalla funzione di padre. Il debito è della legge,
compimento della scrittura sintattica. Perché s’instauri il debito occorreche l’operatore, quindi l’idea stessa dello specchio, operi alla scritturadella sintassi, quindi alla scrittura di questa ricerca dove il padres’instaura come funzione.
La seconda istanza, perché ci sia impresa, è il credito, che risalta dalla
funzione di figlio, quindi dalla funzione di significante, dalla funzionedi uno. Dove c’è credito c’è la funzione di figlio. Non a caso, rispetto aldiscorso nevrotico o psicotico, è relativamente facile, nella prima fasedella ricerca, avere credito, anche avere un grande credito, perché c’èl’impresa, c’è il nome che funziona. Da qualche parte, c’è padre chefunziona.
In altri termini, per chi si trova nell’impresa e si trova, anche
nevroticamente o psicoticamente, a giocare questa funzione di figlio —cosa molto diversa che, semplicemente, fare il figlio —, rivolgendo unadomanda a banche o a interlocutori vari, è relativamente facile ottenerecredito, perché questo risalta dalla funzione di figlio e, nella domanda,c’è una testimonianza, un’evocazione dell’impresa e della parola dovec’è anche padre, c’è nome.
Nell’intervallo fra il debito il credito, c’è l’investimento. Ecco l’impre-
sa: bisogna fare ciò che bisogna fare. C’è il quotidiano dell’impresa:bisogna fare ciò che bisogna fare in ciascun istante. E c’è lo straordinariodell’impresa: scadenze, avvenimenti straordinari che vanno preparati. E, poi, c’è lo specifico dell’impresa, che porta al divenire cifrematico,all’instaurazione del dispositivo cifrematico, nella città.
Ammettiamo che, a un certo punto, ci sia la “crisi di crescita”.
Avviene che io dica: ho ottenuto questo credito, ma adesso io non stofacendo ciò che bisogna fare in ciascun istante. Non mi rendo conto chequesta è un’impresa, che ha bisogno di vari dispositivi e che questocredito comporta che ci sia funzione di nome, funzione di padre, quindiautorità e responsabilità, oltre che la capacità di cui ho già dato provaottenendo il credito. IL SECONDO RINASCIMENTO
L’istanza dell’investimento (essenziale perché intervenga il disposi-
tivo) è la funzione di Altro nella sembianza. Quindi, l’accesso all’Altro,la tolleranza dell’Altro, il non disprezzo dell’Altro. Nella paranoia, sonoradicati il disprezzo, la ferocia contro l’Altro, l’irruenza contro l’Altro, acui viene lasciato uno spazio angusto, limitatissimo. Ogni gesto chefaccia o che non faccia l’Altro non è tollerato nella paranoia. Invece,questa funzione di Altro è essenziale.
“Ma io chi sono, chi ero, da dove vengo?”, ecco intervenire allora i
criteri di valutazione, le raccomandazioni, il maternalismo, “Qual’eraprima la mia mentalità? Dove mi trovo adesso?”. Viene fata questaequazione: credito + investimento (che è stato consentito dal credito) =debito. In questo modo, il debito è inteso come esente dalla funzione dipadre e, quindi, dall’autorità e dalla responsabilità. È un debito senzaautorità e senza responsabilità. Da che cosa è costituito il patrimonio?Per dirla in maniera molto rapida, dal debito e dal credito.
“Io devo ridimensionarmi, devo riscattarmi, perché l’origine mia era
quella. Ecco che, ora, mi trovo davanti a questo guaio [che sarebbecredito + investimento = debito]. Mi ridimensiono. Ho fatto una libreria-galleria? La chiudo. Ho inaugurato delle conferenze? Le blocco. Hointrapreso un’equipe settimanale a Milano? La fermo”. “Come faccioper guadagnare?”. Dato che il riscatto è dell’origine, c’è il ritornoall’origine, e quindi: come guadagnare secondo la mentalità d’origine?Se sono medico, cerco di andare a fare il medico condotto in un paesello. Se sono laureata in lettere, cerco di andare a fare la maestrina”
La “crisi di crescita” va affrontata in modo differente. È quello il
momento importante, veramente importante della vita e dell’impresa. Èlì che occorre inventare dispositivi e stare alla parola, alla sua autorità,alla sua responsabilità e quindi, anzitutto, rilanciare assolutamente, aogni livello, e redigere un programma, metterlo alla prova ciascunistante e attuarlo, e mandare avanti, nell’oceano, le navi su vari fronti, epoi man mano radunare la flotta verso un fronte, poi verso un altrofronte, finché ciascuna cosa giunge, per dir così, a maturazione.
Quando c’è “crisi di crescita”, è proprio lì che bisogna rilanciare. C’è
un patrimonio — nel caso dell’equipe svizzera, l’attività del ’92-’94 —,un patrimonio importante: Mosca, San Pietroburgo, Parigi, Ginevra,Losanna, Milano, Palazzo delle Nazioni Unite. Un patrimonio impor-
IL SECONDO RINASCIMENTO
tantissimo, costituito non soltanto dalle opere di Bielutin acquisitedall’equipe, ma da vent’anni di esperienza. Per valorizzarli è impossibi-le ridimensionarsi. Se vi ridimensionate, voi arrivate a sessant’anni eavete perso la vita! Nel ridimensionamento, non si vive, c’è solo la gnosinaturale, l’accettazione naturale del limite, della morte, del difetto. “Iodevo guadagnare” e così guadagna il piccolo salario.
Occorre precisare il programma redatto, e attuarlo con autorità e con
responsabilità (per la funzione di padre), oltre che con la capacità (per lafunzione di figlio) di cui noi — non possiamo negarlo — abbiamo datoprova.
Quella che erroneamente viene chiamata “crisi di crescita” è
l’instaurazione della Pentecoste, rispetto a cui può emergere il panico, equindi insorgere il ricordo della mentalità. In altri termini, non si fannole cose che si devono fare, avviene un ridimensionamento, un ritornoalla lingua d’origine, cioè alla propria lingua e al discorso nella proprialingua. Il discorso nella propria lingua, oltre che di tante altre menzogne,si avvale della nobile menzogna. In questi termini: come è possibile cheil signor Palla e la signora Palla, nati Palla, da genitori Palla, da nonniPalla e da antenati Palla, possano divenire quadrati? Il ridimensiona-mento è il ritorno alla palla. Il gioco a papà-e-mamma è il gioco alla palla,cioè alla lingua d’origine. Qual è il guadagno, una volta che sia possibilel’equazione credito + investimento = debito? Qual è il guadagno delsignor Palla e della signora Palla, della tribù Palla? Il guadagno dellatribù Palla è nel ritorno alla lingua d’origine, che porterebbe a ruotareintorno a se stessi facendo cerchio. È così che s’immaginano di farequadrato.
La quadratura del cerchio è impossibile, perché il cerchio non esiste
e il quadrato neppure. Nel libro Leonardo da Vinci sostengo che Leonardonon ha mai fatto quadri. Il “quadro”, per indicare un’opera pittorica, èqualcosa che sorge dopo, non c’è in Leonardo da Vinci. Per lui, laquadratura del cerchio è un modo per instaurare l’infinito attuale dellaparola e l’altro tempo.
L’entusiasmo è una proprietà del sembiante. Una persona senza
entusiasmo è una persona che si affida alla demonologia; è in preda alfato, in balia del fatalismo positivo o negativo. L’entusiasmo non hanulla a che fare con l’euforia. L’euforia, come anche la disforia, è del
IL SECONDO RINASCIMENTO
soggetto. L’entusiasmo è del sembiante. Quindi, perché ci sia entusia-smo occorre occupare la posizione impossibile di sembiante.
Ogni tanto capita d’incontrare persone animate da fatalismo positi-
vo. Ed è l’euforia. È sicurissimo che costoro, ben presto, andrannoincontro a un fatalismo negativo, alla disforia. Nel primo caso, credonodi essere predestinati al successo, nel secondo caso alla sconfitta. È comese, in entrambi i casi, ci fosse un confronto impossibile con una realtàinesistente. Quando c’è l’euforia, l’interlocuzione rispetto alla cifrematicaè essenziale, perché c’è modo di dare qualche indicazione e di tracciarela direzione delle cose.
Questa equazione (credito + investimento = debito) è fatta per
un’insorgenza improvvisa del fantasma materno, ma se ci sonodispositivi, se l’esperienza che noi abbiamo instaurato è originaria, c’èmodo di cogliere l’occasione per un rilancio e, quindi, anche per l’inter-vento cifrematico. Quella che viene colta come occasione di perdita dellafede, invece, è un’occasione in più per la fede della riuscita. La fede dellariuscita è sempre questa: dio opera alla scrittura. Wiederholungszwang (Freud), costrizione a ripetere. Quella che, in
senso corrente, viene chiamata ripetizione non esiste. Non c’è petizione,competizione, nemmeno ripetizione. L’uno non si ripete perché non c’èil doppio dell’uno. L’uno non si divide in due, quindi non si ripete. Se sidividesse in due si ripeterebbe. Sarebbe la teocrazia. La domanda è lapulsione in atto. Quindi, la compulsione a ripetere comporta che laripetizione sia un effetto della domanda nella frase, quindi un effettodella differenza dell’uno da se stesso.
La ripetizione non è una causa, ma è un effetto della differenza. Non
nell’accezione di Derrida. Né nell’accezione dell’univoco di Deleuze, ilquale attribuisce il primato alla ripetizione, e quindi la molteplicità èrispetto a questa ripetizione e rispetto all’univoco. Ci sono due indirizzi,uno che risale all’inizio del secolo, da Bergson fino a Deleuze: è lafilosofia della ripetizione; l’altro che, in qualche modo, risale a Heideggere prosegue con Derrida: è la filosofia della differenza. Né l’uno né l’altrocolgono quale sia la questione per Freud. La ripetizione per Freud ècompulsione (o costrizione) a ripetere. La costrizione comporta unimpossibile imperativo del desiderio. IL SECONDO RINASCIMENTO
Ribadiamo: la domanda è la pulsione in atto. C’è pulsione in atto nella
sintassi. C’è pulsione in atto nella frase. L’effetto della domanda nellafrase, l’effetto della differenza da sé del significante, è la ripetizione. Laripetizione, quindi, non è l’effetto della divisione dell’uno da se stesso edella seduzione: questo effetto è il sapere. Non bisogna assolutamentescambiare il sapere con la ripetizione. Il sapere non si ripete e nonriguarda la differenza. Riguarda la divisione dell’uno da se stesso e laseduzione dell’uno.
Ma tutto ciò non sta in piedi se non teniamo conto della funzione di
padre, quindi della funzione di nome. È un altro sentiero, è il sentiero deinomi, il sentiero della rimozione. Se non c’è padre, c’è la ripetizione delsignificante, la ripetizione dell’uno, la ripetizione del figlio e, se ilsignificante si ripete, c’è l’infanticidio. Se non c’è padre come nome,come funzione, il significante si ripete, in altre parole, si uccide. L’infanticidio avviene così. Ogni omicidio è un infanticidio.
Occorre che ciascuno di noi s’interroghi intorno al suo discorso,
intorno al suo dispositivo, e si chieda quale sia il peso della suafantasmatica, della sua mentalità familiare. Occorre che s’interroghiintorno al progetto e al programma. E che segua il programma. Questoè indispensabile. Non possiamo lasciarci andare a qualunque idea delpassato, a qualunque ricordo. Perciò, è importante che ci sia la teoria. Inun nostro congresso, Philippe Rappard diceva di attenersi alla teoria diLacan per non deragliare. È giusto attenersi alla teoria per non deragliare.
Ci sono i mezzi e gli strumenti per analizzare una mentalità, che
ciascuno di noi si forma come suo modo di credere che potrà dominarela realtà, che potrà padroneggiare la vita, gli incontri, le relazioni. Siformano idee intorno a sé, intorno all’altro, che corrispondono a modi didominare la realtà.
Essere leader, capitano di un’esperienza comporta che la funzione di
padre non sia elusa. Quali sono gli aspetti della funzione di padre?L’autorità e la responsabilità. Solo così il figlio non si ripete. La ripetizio-ne riguarda la differenza. Non si ripete il leader come figlio e non siripetono altri che sono nel dispositivo. E il leader, il capitano, il direttoredell’esperienza, il maestro della scuola, il maestro della formazione,trova il modo di constatare la differenza — quindi un’altra ripetizione —nella frase che si trova a sentire. E così dà indicazioni sicure e ineccepi-
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bili. È importante che non ci sia oscillazione a proposito del padre, delnome. Il nome non è il nome del figlio. Il figlio è una cosa, il nome èun’altra. Non ci può essere oscillazione fra il nome e il figlio. Non c’èdoppiaggio: il nome non doppia il figlio e il figlio non doppia il nome. Se ci fosse oscillazione, ci sarebbe deragliamento.
Il furbo non è mai intelligente. Si frega da solo. Il furbo è il figlio che
si ripete. Se io non accetto questo — cioè che io mi ripeta —, se non loaccetto di me, se non l’accetto nella parola per quanto mi riguarda, alloranon lo accetto neppure per altri, non posso consentire che altri si ripeta. Questa è una maniera dell’anoressia intellettuale. La scrittura dei vangeli. I Vangeli — che sono stati scritti in greco — non
sono scritti nella “propria” lingua. Sono stati scritti in greco? Bene, allorala traduzione, operando l’idea dello specchio, trae la sintassi nella suascrittura, quando il nome sfocia nel simbolo. Propriamente non c’èscrittura simbolica. La trasmissione, operando l’idea dello sguardo, traela frase nella sua scrittura, quando il significante sfocia nella lettera. Propriamente non c’è scrittura letterale e nemmeno scrittura letteraria. La trasposizione, operando l’idea della voce, trae il pragma nella suascrittura, quando l’Altro sfocia nella cifra.
Se il discorso occidentale è il discorso nella propria lingua e la sua
scrittura, il Vangelo è la parola senza più il discorso nella propria lingua. La formula potrebbe essere così: ciascuno parla nell’altra lingua eintende nella propria, nella lingua propria. Ciascuno intende nellalingua propria, non nella sua lingua nazionale né nella sua linguamaterna né nella sua lingua personale né nella sua lingua domestica. La piega. Non c’è il doppio della piega, quindi non c’è replica. Non c’è
una ripetizione della piega. La piega non si ripete. La piega non appar-tiene all’ordinale: non c’è una prima piega, una seconda piega, una terzapiega. Quindi, la semplicità. La piega non è presa nell’insieme. Tuttaviaè semplice. La complessità conferma la semplicità; è l’abbondanza disemplicità. È la semplicità ad abundantiam.La ripresa. A proposito della ripresa, noi diciamo che non c’è presa
sulla parola, ma sorpresa o impresa, impresa della parola. La sorpresa è
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nella sembianza. Non c’è presa ma sorpresa. Non stupore, non sbigotti-mento, né rispetto, né stupro, né vergogna, né pudore, ma sorpresa,nella sembianza. La sorpresa è una percezione dell’anatomia. La sorpre-sa è virtù dell’anatomia. Anatomia della sembianza, non anatomia delcorpo. Non è il corpo macellato. La ripresa può intendersi come un’ul-teriore presa, oppure come la presa estrema che è la scienza della parola. L’impresa, che è del tempo, è sia nel linguaggio sia nella sembianza. L’abbandono. Gli ordinamenti sociali e politici nascono così: prescri-
vendo ciò che non esiste, ma sopra tutto vietando ciò che non esiste. Peresempio: non bisogna abbandonare l’abbandono. E infatti, non c’èabbandono dell’abbandono. L’abbandono è l’altro nomedell’annunciazione, l’altro nome del transfert. Il transfert non può esserepreso, tolto, cancellato, abbandonato, innalzato, abbassato, rappresen-tato. Allora, come viene dato antropomorficamente, come vieneumanizzato il transfert? Dicendo: sono stato abbandonato, io ho abban-donato, ti abbandono, ci abbandoniamo. E ci sono alcune ideologie,anche nelle varie repubbliche italiane, che sono ideologie dell’abbando-no, dell’avere subito un abbandono perpetuo. Nella dottrina di Platone,gli umani sono stati abbandonati, catapultati su questo pianeta, prove-nienti dallo stracielo. Ora, non è una teoria sbagliata. Solo che bisognaleggerla. Lo stracielo, l’iperuranio, è il cielo, è il modo del cielo, il mododell’apertura. Certamente, le cose procedono dallo stracielo, anche lacaduta procede dallo stracielo e quindi dall’ironia. Anche l’abbandono,ma l’abbandono intransitivo, non l’abbandonare qualcuno o qualcosa ol’essere abbandonati. L’abbandono è intransitivo e inconiugabile, non ènemmeno riflessivo: il “ci abbandoniamo” dell’islam, oppure dellostudium o dello zen, è un modo con cui il tempo, il taglio, viene assunto.
Tagliare il taglio è impossibile. Eppure l’algebra del taglio propone
proprio questo. Il taglio algebrico è il taglio del taglio. Risponde allafacoltà di taglio. “Taglio, quindi sono”. Questo potrebbe essere il cogitodella mafia: “Taglieggio, quindi sono”. 10 agosto 1996, dalla conferenza del sabato La tripartizione dell’esperienza
L’esperienza di cui si tratta è l’esperienza di parola, e la parola, da
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Leonardo e da Machiavelli in poi, è la parola originaria: le cose esistononella parola, noi esistiamo nella parola e anche gli atti, il fare stanno nellaparola e la scrittura è scrittura della parola. Con Leonardo, la scienza nonè più scienza del discorso, scienza del logo, ma è scienza della parola. L’esperienza è di parola e la scrittura è scrittura dell’esperienza.
La psicanalisi è sorta in tempi difficilissimi, a Vienna. Il suo successo
è avvenuto in parte negli anni venti e negli anni trenta. Poi, nel ’29,l’editto di Stalin la abolisce in Russia, nel settembre del ’39 Freud muorea Londra, si persuade tardi che deve lasciare Vienna perché i nazisti nonsi sarebbero limitati all’antisemitismo politico, ma avrebbero attuato losterminio (e, infatti, la famiglia di Freud viene sterminata) e, nel ’38,interviene Marie Bonaparte e Freud parte per Londra. Allora, la psica-nalisi era una ricerca importante, proveniente da un ambito ebraico e daun ambito scientifico. Freud si era preparato come medico e rispetto allascienza di allora, era stato a Parigi, da Charcot, e seguiva il discorsoscientifico. Veniva anche da un ambiente hassidico. Questo è essenzialeper capire Freud, perché ci sono cose che sono state tradotte come sefossero termini hegeliani. Per esempio, la negazione, die Verneinung, èstata tradotta come se si trattasse della negazione nella dialettica hegelianao antihegeliana, anziché nell’ebraismo. C’è uno specifico di Freud cheoccorre indagare. Derrida è l’ultimo a trattare in maniera posthegelianae postheideggeriana la psicanalisi e le stesse questioni che trova in Freude in Lacan.
C’è un’associazione, fondata da Freud nel 1910, l’Associazione psica-
nalitica internazionale, che è in qualche modo la scuola hassidica, dovelui è il maestro. In seguito, si costituiscono molte altre associazioni. Dopola seconda guerra mondiale, la psicanalisi incontra il boom in America,e ha molta difficoltà a arrivare in Italia. Negli anni settanta, forse io hofatto l’essenziale per determinare, in quel momento, il “successo” dellapsicanalisi nel largo pubblico con congressi, a Milano, di tremila,cinquemila persone.
Dall’inizio, questa ricerca che ho condotto è intorno alla parola. La
psicanalisi costituisce una breccia della parola, non si può riassumerenel discorso occidentale e non si legittima la psicanalisi di Freud senzail rinascimento. Sulla scia del rinascimento.
A che punto ci troviamo, oggi, con la psicanalisi? In America, non è
più di grande successo benché sia largamente usata. In Francia, non c’è
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più la ricerca, eppure la psicanalisi viene praticata larghissimamente. Anche il vocabolario degli psicanalisti parla di “pazienti”. Coloro chevanno a fare la psicanalisi non sono più ricercatori (che pure possonoincontrare un disagio, ma incomincia lì un’avventura intellettuale stra-ordinaria), sono coloro che ritengono di avere qualche problema, qual-che guaio psicologico, e quindi hanno bisogno di un intervento peraccettarsi, per conoscersi: è un livello mediocre. La psicanalisi, così, nonha nessun interesse, la psicanalisi per tassisti, parrucchieri, ragionieri,geometri. Può darsi che anche nel caso del parrucchiere o del tassistapossa essere un’esperienza, ma se per lo psicanalista stesso non è unaricerca assoluta, non è un itinerario straordinario, unico, egli si limita astare lì, con uno statuto sociale convertibile con quello dello psichiatra,dello psicologo e non riveste nessun interesse.
Questa esperienza di parola non è dialogo. Allora, perché tripartizione?
Se fosse dialogo non ci sarebbe né tripartizione né bipartizione e neppu-re partizione, ci sarebbe l’algebra dell’esperienza, non l’aritmetica, cisarebbe l’algebra del tempo, il tempo sarebbe una durata, finirebbe,anzi, ogni cosa andrebbe considerata a partire dalla fine del tempo. Mail tempo non finisce, le cose non finiscono, cioè le cose non significano. Le cose si dicono, dicendosi si fanno, facendosi si dividono, dividendosisi piegano, e dividendosi e piegandosi le cose che si fanno si scrivono. Lascrittura del fare, la scrittura della politica, che non è fatta sulla base dellacomunità filosofico-religiosa greca, che ha stabilito che alcune figureretoriche dovessero diventare princìpi, postulati, credenze ferme, tali dadeterminare il discorso occidentale.
Per me non ci sono trascorsi, c’è un itinerario ispirato all’assoluto e la
cui condizione è nell’oggetto della parola, punto e contrappunto. Per mesi tratta, in ciascun istante, del rischio assoluto. Potrei dire che trent’annifa ho preso una decisione intellettuale anziché ideologica, ma non hoavuto bisogno di prenderla: io mi sono trovato in un itinerario intellet-tuale senza prendere la decisione. C’è la decisione a mano a mano che lecose si fanno. Tutto ciò ha incontrato largo favore negli anni settanta, congli avvenimenti, i congressi, i giornali e in vasri paesi negli anni ottanta. Fin dall’inizio, non ho mai inteso la psicanalisi come una disciplina,come una branca del discorso scientifico. Per questo, non ho mai fattoconvegni dedicati solo agli psicanalisti. In altre parole, mi sento investito
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di una missione globale: non c’è cosa che entri nell’esperienza e che ioconsideri estranea. Anche il negativo, lo ritengo un’introduzione, con ilpositivo, come ironia, al modo dell’apertura, da cui procedono le coseper integrazione. La storia come ricerca si scrive, nel labirinto, e lapolitica pragmatica si scrive.
Costituire centri, sedi di dibattito, di ricerca, intorno al disagio, alle
istanze, ai tratti salienti della civiltà, interrogarsi intorno alla cultura eall’arte dell’impresa, della banca, dell’assicurazione, trovare lo specificodi ciascuna cosa, trovare quali sono i capitani dell’avvenire nei varisettori. Quali sono, e se ce ne sono, nell’impresa, nella banca, nell’ammi-nistrazione pubblica. Ma chi è il capitano? È il capitano senza paura ocolui che non diventa servo della paura, non obbedisce alla paura, ma laprende per la punta, come una sentinella di ciò che occorre fare e versocui occorre andare. Senza la paura come morte. È colui che non accettala morte e non vive di ricordi. Bisogna che il ricordo sia analizzato, postoin gioco, e che noi non stiamo attaccati al ricordo e che c’interroghiamointorno alla novità, intorno al programma, perché il progetto senzaprogramma diventa ideale. Se il programma non s’instaura, ogni pro-getto diventa ideale. “Io vorrei”: è la demonologia a richiedere la volontàdi bene. C’è la decisione facendo, senza l’algebra. Conta l’aritmetica, ilritmo delle cose che si fanno e che si scrivono.
La tripartizione è un dispositivo intellettuale. Vado a trovare X per
discutere di alcune cose e per compiere la mia ricerca, per esplorare lascrittura di questa ricerca e la scrittura di ciò che faccio: è un dispositivo. Poi, vado a trovare Y: c’è un altro dispositivo dove io mi cimento in unaltro racconto, vado oltre fino a verificare la scrittura di questa miaricerca e delle cose che faccio; c’è un impegno nella scrittura. Ecco ilsecondo aspetto della tripartizione. Terzo aspetto: io incontro tre perso-ne, tre cifratori, che per altro verso compiono la loro esperienza, aprescindere se siano alle prime o alle ultime armi — qui, le armi sonomezzi e strumenti della parola. Allora, qui si tratta di lettura, di letturadell’esperienza. La lettura è la punta della scrittura.
È una cosa difficilissima, bisogna indicare la direzione dell’esperien-
za. Questo è il compito di ciascun capitano, se no non è capitano, sipsicotizza e psicotizza gli altri. In nessun istante, per colui che si trova inun rischio assoluto, può affiorare l’idea di un’alternativa alla riuscita. Se
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questa idea affiora, viene già accettata la morte, e in qualche modotraspare nei propri atti, nei gesti, nei pensieri, nelle cose che si dicono e,certamente, anche nella bottega, nella brigata, nell’esercito, nel governo. Chi si trova in un itinerario intellettuale si trova a integrare i vari aspetti:non può, in nessun istante, perdere la fede, avere, cioè, l’idea di un’alter-nativa alla riuscita. L’idea che ci sia alternativa alla riuscita è l’alternativatra la vita e la morte, è la scelta immediata della morte! E, sicuramente,è il fallimento per sé e per gli altri. È lo psicofarmaco: un ingrediente cheaiuta a realizzare che il sangue, la carne, i pensieri siano la morte.
Ci sono cose che sembrano fastidiose, impossibili, scabrose, noiose: si
tratta di considerare che il negativo non sta dinanzi, sta alle spalle. Negativo-positivo, modo dell’inconciliabile, quindi modo dell’apertu-ra. E dall’apertura procedono le cose che si cercano, che si fanno, che siscrivono, in direzione della qualità, della cifra dell’esperienza. Siamotroppo abituati all’energetistica, a calcolare che noi abbiamo una certaquantità di energia, e che dobbiamo stare attenti a non disperderla: sefacciamo questo, non possiamo fare quest’altro. E accade così che nonfacciamo né questo né quello. L’alternativa tra la vita e la morte è la morte. Tripartizione dell’esperienza, tripartizione della vita, dispositivo.
Un tale dice: Mi assumo io la responsabilità del male che produco.
Come se l’esperienza fosse conoscenza del male, e la responsabilità fosseresponsabilità del male conosciuto! È una formulazione psicotica. Trascrizione non rivista dall’Autore,a cura di Mariella Borraccino e Cristina Frua De Angeli
Operazione approvata dalla Provincia di Bologna con Det. Dirig. N° 169 del 04/04/2013, co-finanziata dalla Provincia di Bologna, Regione Emilia Romagna, FSE Nome ____________________________ Cognome __________________________________________ Data di nascita ___________________ Comune di nascita __________________________________ Prov ________ Stato _____________________________ Cittadinanz
Partido Socialista Português As origens do movimento operário e socialista em Portugal datam da proclamação da Comuna de Paris. Em 1871, a Associação Internacional dos Trabalhadores, mais conhecida pela primeira internacional, delegou na sua secção hespanhola, conforme as instruções do seu Conselho Geral, em Londres, que três emissários viessem a Portugal pôr-se em contacto com o